« 2015: pensieri di corsa »

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INTRODUZIONE
Domenica 3 gennaio 2016, stamattina , atmosfericamente parlando, c’era tutto l’inverno atteso da tanto,  troppo tempo: pioggia, peraltro timidamente iniziata già ieri, raffiche, giusto un assaggio, di bora scura e l’altopiano carsico, se non proprio innevato, quantomeno brizzolato. Non male per essere passati di botto da un quasi autunno ad un quasi inverno pieno. Ma oggi, come ieri e il pomeriggio di ieri l’altro, il vero inverno è dentro di me. Ho detto inverno o…inferno? Non c’è molta differenza per uno che ha pensato bene di iniziare il 2016 storcendosi una caviglia, peraltro la sinistra, quella buona che la destra tiene ancora una placca fissata con 8 parker, a ricordo di una tri-malleolare ormai del tutto assorbita . E’ il secondo anno consecutivo che inizio con una caduta dannosa ; lo scorso Capodanno scivolata pazzesca sul ghiaccio del Cocusso e stavolta storta, pure pazzesca, su un non esageratamente infido sentiero di collegamento con la strada per Contovello, in prova sull’ S1 Half  ( che non abbia usato la dovuta religiosa deferenza passando sotto il Tempio Mariano? ) , anticipata pure, 20 metri prima, da un normale, per me, e innocuo inciampo. Probabilmente non era la giornata giusta, Capodanno, per fare un tipo di allenamento come quello previsto ma, vista nell’ottica di periodo poco fortunato, guai se fossi andato a correre a Barcola con i compagni dell’Evinrude, non oso pensare a cosa sarebbe potuto accadermi al momento del propiziatorio tuffo in mare o peggio al successivo abbondante mangereccio OPQ.  Morale della favola sono 3 giorni a divano, gamba elevata, impacchi d’argilla, pastiglie di arnica e una rabbia tutto sommato contenuta perché la consapevolezza di dover saltare le prime corse dell’anno ha preso il sopravvento su tutti i propositi che mi ero posto in animo. Non mi faccio illusioni sui tempi di recupero e tanto meno stilo programmi ( porta sfiga? ), anzi depenno quelli già in essere e mi accingo a ritornare mentalmente alla passata stagione per fare tesoro di quelle esperienze che sono state sempre nuove anche se certi sentieri erano gli stessi. Sono terribilmente in ritardo col resoconto, appunto del 2015; sto mettendo pian piano assieme i pezzi più significativi di una, tutto sommato, ricca stagione, che mi ha regalato, anche stavolta, momenti di particolare emozione, spero vorrete condividerli con me attraverso la lettura di quanto seguirà.
Come avrei voluto che questo personale luogo d’incontro diventasse un diario scritto della mia sensibilità dove riporre di volta in volta le impressioni frutto di particolari occasioni ma anche in questa circostanza il tempo ha frenato ogni mia buona intenzione. Siamo oramai a metà del gennaio di un altro anno e cercando di rallentare la mia “ corsa “ getto sguardo e pensieri all’indietro per recuperare sensazioni se non andate perdute quantomeno accantonate per lasciare spazio a momenti di stanchezza quotidiana a discapito di una più accorata presenza. Ma come si dice solitamente in questi casi, non è mai troppo tardi, allora adesso mi metterò d’impegno per andare a riprendermi emotivamente quest’altra stagione intensa dove la natura, almeno lei, è stata tutt’altro che parca per quelle che erano le mie iniziali aspettative se poste in confronto ad una condizione fisica e mentale rimaste discontinue per tutto l’anno. Senza andare a fondo nella ricerca dei motivi ma anche senza accampare scuse su mancati risultati, qualora le velleità fossero state davvero tali,  devo amaramente ammettere che nonostante la varietà degli impegni ho parecchio sofferto questo andamento al di sotto delle previsioni. Sto parlando a me stesso per cercare di chiudere mentalmente questo quadro astratto che vorrei isolare e mettere in una soffitta buia e dimenticarlo sotto uno strato di spessa polvere; sto parlando al mio cuore ma lo faccio con un pizzico di rabbia per la delusione che mi sono portato appresso per gran parte di questo 2015 come se la caduta, nell’accezione corretta del termine, la scivolata sul ghiaccio del Cocusso l’1 gennaio alle 2 e 30 di notte con conseguente tremenda botta, a sconquassare struttura ossea, muscolare e organica, fosse stato il classico brutto presentimento di un’annata che sarà di conseguenza storta. Accidenti, non sono superstizioso, ma visto come poi è andata, potrei, la prossima volta, anche ricredermi sul fatto della sfiga. Allora si parte per questo viaggio/seduta senza stare distesi sul lettino dello psicanalista ma riportando comunque la mente alle immagini di ricordi in ogni caso sempre vivi e intensi. Si parte, perché al parsimonioso San Silvestro presso la Koča del Concusso, brindando al nuovo anno con jota e laško e un manipolo di amici e subito seguita una novità corsaiola  nella vicina Slovenia esattamente 3 giorni dopo. Una bella prima edizione di una corsa invernale in una zona a me poco nota, nonostante l’ormai trentennale frequentazione delle montagne slovene. Il mio diario comincia dal 4 gennaio, dal NOVOLETNI KNAP TRAIL   di cui rendo conto nei seguenti 3 articoli pubblicati sul n° 74 del mese di marzo della rivista SPIRITO TRAIL per i quali rinnovo il ringraziamento a Leonardo Soresi, Direttore Responsabile, per avermi dato questa opportunità.

1° NOVOLETNI KNAP TRAIL TRBOVLJE ( SLO )        
3 gennaio 2015       
 E’ SCOPPIATA L’ULTRA TRAIL MANIA “
La ultratrail mania ha contagiato anche la Slovenia! C’è grande fermento nell’ambiente corse perché la grossa novità della stagione 2015 sarà proprio l’organizzazione di queste gare lunghe; è previsto infatti lo svolgimento di ben 6 competizioni. Sarà pure un fatto di tendenza o semplicemente moda, come sembra dimostrare, da qualche hanno a questa parte, il proliferare di questo tipo di corse outdoor spuntate come funghi un po’ dappertutto in Italia e in giro per il mondo, ma anche qui andranno a coprire un segmento importante e non ancora presente nel mondo trail di questo Paese. La Slovenia, indipendente dal 1991 - entra a far parte dell’Unione Europea nel 2004 e addotta l’Euro nel 2007 - è una  Repubblica piccola ( più piccola della Lombardia ) ma ha tutto quello che hanno le grandi, la si potrebbe addirittura paragonare a una specie di Europa in miniatura essendo compresa tra le culture neolatina, germanica, ungherese e balcanica, vero è che per sopravvivere, gli sloveni, hanno da sempre dovuto conoscere, oltre alla propria, almeno una di queste lingue. Dal punto di vista naturalistico, in questo, per così dire, spazio ridotto, trovano posto tante cose: le montagne ( Alpi Giulie, Caravanche, Alpi di Kamnik e della Savinja, Massiccio del Pohorje ), per scalate, trekking, sport invernali; laghi di origine glaciale ( Bled, Bohinj ) ; fiumi pescosissimi e considerati il regno di rafting e kayak ( Soča, Sava, Drava, Kolpa ); grotte ( Postumia e San Canziano fra tutte, per i soli turisti ), caverne, doline, in una sola parola, il Carso; i boschi, ben il 56 % del territorio è ricoperto da boschi, la più alta percentuale dell’Europa Centrale. Queste prerogative naturalistiche abbinate alla cultura sportiva del popolo sloveno hanno fatto sorgere quasi spontaneamente competizioni di corsa in montagna che qui solitamente hanno luogo il sabato, meno la domenica ma in tutte e 12 le regioni di cui è composta la Slovenia. Sono numerose le corse che , tolta la Maratona di Lubiana e dallo scorso anno quella di Capodistria ( Istria Marathon ), la mezza di Maribor e di Radenci, tanto per citare le più importanti tra quelle su strada, si svolgono in natura, ci sono dei veri e propri campionati di Corsa in Montagna ( Gorski Tek ) che comprendono una decina di gare a stagione e che mettono in evidenza di anno in anno atleti di indiscusso valore internazionale, uno per tutti, quel Mitja Kosovelj, già campione mondiale di CiM lunghe distanze nel 2013 in Polonia ma anche, fra tante vittorie, quella con record alla Dolomites Sky Race del 2007, prima della spolverata di un certo Kiljan nel 2012. Tornando alle Ultra, dicevo che da quest’anno si fa sul serio, ne sono in programma 6: il 9 maggio la Valle del Vipacco ( Vipavska Dolina ) presenta la 100UTVV ( Ultra Trail Vipava Valley ) una 100 km con contorno di Trail 50 e Trail 25 ; il 20 giugno Podbrdo ( Piedicolle ) già organizzatore della mitica GM4O - Gorski Marathon Štirih Občin ( Maratona Alpina dei 4 Comuni ) lancia la sfida con una 100 km la UPT – Ultra Pušeljc Trail e si chiude al 18 settembre con la società di Lubiana dello Športno Društvo Slovenske Steze che cala un poker pesantissimo da stendere tutti i concorrenti a questa corsa nella corsa e cioè la SLO TRAIL 50, LA SLO TRAIL 100 E LA SLOTRAIL 100 MILE. E la quarta gara? Beh quella è ormai acqua passata, si è svolta il 3 gennaio u.s. in ancora clima Capodanno. I ragazzi lubianesi sono partiti subito alla grande iniziando il 2015 con l’organizzazione di un winter trail che poi, visto l’evolversi in peggio del meteo in quel periodo, si è trasformato in un ice trail, nella cittadina di Trbovlje, un importante centro minerario a 50 km dalla capitale Lubiana, posto nella regione della Zasavska. Qui è ancora fertile l’attività estrattiva del carbone e una delle sue tre centrali, la Termoelektrarne Trbovlje-TET, possiede la ciminiera più alta d’Europa con i suoi 360 m di altezza.  Allora un ice trail  che, viste le temperature rigide che si sono portati dietro gli ultimi giorni dell’anno, complice anche la latitudine della zona,  l’inversione termica di queste valli molto strette e la neve già in via di trasformazione, previsto o non previsto, voluto o non voluto, era praticamente impossibile aspettarsi un trail tradizionale.  Quindi, questo mix prettamente invernale ha caratterizzato la corsa rendendola del tutto atipica e stravolgendone di conseguenza quello che avrebbe dovuto essere un più corretto e regolare svolgimento della stessa. Ma nessuno dei quasi 200 partecipanti ha battuto ciglio sul fatto di dover percorrere sentieri e carrarecce completamente gelati e dove non lo fossero, ci hanno pensato i primi passaggi a compattare la neve e a trasformare una semplice traccia in una pista da slittino. La Slovenia è un paese alpino e la gente che corre in montagna è principalmente gente di montagna quindi abituata a qualsiasi mutazione di condizione meteorologica e di terreno, figurarsi se …un po’ di ghiaccio sul percorso avrebbe potuto impensierire un runner o trailer che sia, accanito come lo sloveno.  2 le tipologie di gara proposte una da 16 km con dsl +  di 832m e l’altra di 46 km con dsl + di 2.267 m. Ah dimenticavo, questa manifestazione sportiva è stata denominata “ 1° NOVOLETNI KNAP TRAIL “ dove novoletni sta per Anno Nuovo, knap  sarebbe minatore, forse minatore novellino, ma nel dialetto o gergo locali ( e non poteva essere diversamente ) e trail sappiamo tutti di cosa si tratta.
IL TRAIL CON L’ANIMA “
Sono qui per constatare di persona se, come recita la locandina di presentazione “ …KNAP TRAIL JE TRAIL Z DUŠO… “ ( …il Trail dei Minatori è il trail con l’anima…) , questo è veramente un trail con l’anima o è semplicemente la presunzione, magari solo per scaramanzia, della prima volta. Domenica 3 gennaio mattina, ritrovo presso uno dei centinaia Lovski Dom ( Casa di Caccia ), in questo caso quello di Podmeja, che costellano i boschi della Slovenia, è una tradizione. Prima partiranno i Forhajer ( mastri minatori ) per la 46 K e un’ora dopo i Zajbrus ( minatori semplici ) per la 16 K , tanto per rimanere nel clima e nello spirito minerario di cui è pervaso questo luogo e per cui è anche stato creato qui questo trail. Lo start viene dato alle 8.00 in piena faggeta e già praticamente incanalati su un sentiero con almeno 70 cm di neve pesta. Il via è dato dal Direttore di Corsa allo stridio di una tromba da barca e/o da stadio, i primi 20 forse 30 concorrenti con veemenza si lanciano nella corsa , gli altri segnano già il passo; più avanti quando ognuno avrà preso il proprio ritmo e le posizioni si saranno per così dire consolidate, o si rimarrà da soli coi propri pensieri o gli sguardi che si incontreranno saranno, per alcune ore, sempre quelli di chi, come te, ha deciso di passare una bella giornata godendosi il paesaggio e questa controversa natura. La temperatura è intorno allo zero e rimarrà, grado più grado meno, inalterata per tutta la mattinata anche perché il cielo plumbeo non da alcuna chance a possibili infiltrazioni solari nonostante alle forcelle arrivi qualche folata gelida da nord-est.  La quota di partenza è di 724 m, adesso si sale, bisognerà arrivare al massimo a 1190 m ma fra le 2 quote ci sono almeno 30 km da percorrere e in questa distanza intermedia è compresa  anche la quota più bassa di 310 metri da raggiungere proprio nel fondo valle, a Trbovlje , pertanto i saliscendi da affrontare saranno molteplici, non può essere che così. Una volta usciti dal bosco e piano piano arrivati in cresta i panorami cominciano ad aprirsi sulle vallate, quella che guarda a nord e l’altra a sud dove di lì a poco ci si dovrà calare. Lo sguardo alla traccia da seguire non ammetterebbe distrazioni pena repentine cadute ma è d’obbligo una fugace occhiata, ogni tanto,  alla bellezza invernale che il bianco della neve e il nero di tutto il resto fanno risaltare mettendo  in chiara evidenza l’orografia dei rilievi circostanti. Stiamo tagliando una serie di colli prima del divallamento e dalla parte opposta altre alture imbiancate e dai nomi impossibili per uno straniero, saranno solcate dagli odierni pesanti passi dei quasi 200 partecipanti. Ma intanto si è già consapevoli delle difficoltà che si incontreranno lungo tutto il congelato percorso, molti usano le scarpe chiodate, altri, dei pratici ramponcini per la corsa che vengono momentaneamente tolti nei tratti di percorrenza asfaltata, saltuari ma necessari collegamenti fra sentiero e carrareccia e viceversa. Proprio le carrarecce, almeno quelle che si presentano per la discesa e dove solitamente si innesta il turbo, nascondono questa volta le maggiori insidie, qui non c’è neve ma vetrato allo stato puro, impossibile scendere con la sola scarpa da trail, a meno che non si vada a cercare il morbido ai lati. A causa di questo gelicidio stradale si possono assistere, fortunatamente in sparuti casi , a veri e propri numeri da circo da parte di improbabili acrobati. Nonostante la massima attenzione da porre per non cadere rovinosamente, si ha il tempo di cogliere e apprezzare, oltre alle cristallizzate bellezze naturalistiche anche quelle architettoniche offerte via via da una cascina con cortile e razzolio di galline, una chiesetta alpina dove qualcuno ha tempo per un’ estemporaneo scampanio, un Rifugio di montagna col gestore all’uscio per un graditissimo planinski caj ( te alpino ), un’ edicola votiva dove forse qualche trailer ha lasciato pure una personale preghiera, qualche kozolec ( tipico fienile della cultura contadina slovena ) isolato con l’ultimo fieno ormai sgualcito. I ristori ufficiali, ce ne saranno anche degli improvvisati grazie alla cordialità dei locali, saranno 5 alla fine e tutti adeguatamente forniti e ampiamente sfruttati dalla maggior parte dei corridori che approfittano per rifocillarsi ma anche per tirare il fiato, infatti la maggior parte di essi non si porta appresso alcunché di viveri, nello zainetto minimalista soltanto le 3 cose obbligatorie richieste: il telo termico, la lampada frontale e il cellulare, per tutto il resto, abbigliamento compreso, vale il buon senso e la discrezione personale dell’atleta, tanto per dire una, c’era chi correva con la sola t-shirt rispetto ad altri iper imbottiti di maglie più o meno tecniche. Bianco-rosso, bianco-rosso e così avanti, ma solo ogni cento metri il nastro svolazzante ti dava la sicurezza della continuità e nonostante ciò, in qualche punto si è fatta avanti l’ombra del dubbio; forse qualcuno ha sbagliato davvero percorso. Può essere  accaduto quando, per un lungo tratto, le 2 corse sono diventate promiscue; è incominciato al terzo ristoro, con giustificata sovrabbondante esposizione di generi alimentari e con un insolito numero di sostanti, andando avanti anche i gruppetti si sono rimpolpati di concorrenti ma eclatante era il fatto della gente che superava a 100 all’ora, che, oltre al colore del pettorale, verde anziché rosso, a differenziare questi atleti c’erano anche una ventina di km in meno nelle gambe. Questo succede fino alle frecce liberatorie, a sinistra svolta il corto, per il rientro e a destra se ne va il lungo, per il prosieguo, e intanto altri chilometri se ne sono andati con l’impegno immediato di non lasciarsi travolgere dall’apatia e quello spostato in avanti di arrivare prima possibile, pur sempre di tenzone si tratta, che tu combatta per il podio o per finire la corsa, per essere il più veloce di tutti o per rimanere al di sotto di una certa ora. Mentre sbuffando, stringendo i denti e piegandoti sulle ginocchia tu ancora sali verso il punto più alto, c’è gente con zaino, ramponi e boria da escursionista che ne discende, anche uno scialpinista è lì in cerca della traiettoria migliore per abbandonare la cima e godersi se possibile la discesa. Salita, discesa, traverso, discesa, salita, salita, discesa, traverso, salita, dai, dai, dai…e ancora dai. Ed ecco che si cominciano ad incontrare, provenienti dalla direzione opposta alla tua, coppiette mano nella mano o avvinghiati, che devi interrompere tu la corsa piuttosto che loro l’appassionato bacio; e poi famigliole con cane appresso che come ti vede arrivare di corsa non sa se abbaiarti o mettersi a ridere; poi sei tu a metterti quantomeno a sorridere quando incroci il giovane papà obeso, paonazzo e col fiatone mentre scarrozza suo figlio sul solito bob rosso Ferrari mentre la mamma/moglie, obesa pure lei strilla loro di spostarsi al più presto, figurarsi; c’è un tratto di asfalto e automobili ferme ai lati o stanno per ripartire o sono ferme o si muovono, non aspettarti l’occhio di riguardo, abbilo tu che è più sicuro. L’isolamento è finito da un pezzo e questi sono segni ineluttabili della ritrovata civiltà quindi dell’imminente arrivo ma anche di una verve ritrovata. Non hai GPS non sai e non vuoi sapere dove ti trovi, quanta strada hai fatto e quanto ti manca da percorrere, soltanto il tuo Swatch da passeggio con l’ora presta ti dice che stai andando alla grande o almeno a te sembra che sia così. Sì, sì, sta finendo, senti lo speaker ma in questo momento il bosco fitto ti nega la visuale che vorresti vedere ma subito dopo, fra le fronde, i colori vivaci di alcuni stendardi sponsorizzanti ti fanno accelerare, vorresti fare anche uno sprint, bello per il tuo cuore, bello per la tua anima che entrambi ti hanno sorretto in tutte queste ore. Il tuo rush finale si annulla e si spegne al termine del sentiero e dritto dritto nel parcheggio proprio a fianco del Lovski Dom, quello del mattino, dove adesso non c’è nessuno ad aspettarti ma per fortuna c’è ancora la tua automobile, non c’è né uno striscione né un arco gonfiabile e sempre nessuno a glorificare la tua prestazione.     Ma… ecco, un tavolino, un PC, 2 persone, un click, un foglio A4 appiccicato con su scritto a pennarello CILJ ! Ah meno male: ARRIVO! Sorriso. E poi a seguire le solite cose, il ristoro, la birra da consumare, ( chissà perché è sempre così agognata ) qualcosa da mangiare, vestiti asciutti, un altro sorriso, questa volta più ampio, un paio di amici, la felicità, quattro chiacchiere, la seconda birra ( chissà perché è sempre così gradita ), dopo le premiazioni quasi tutti se ne sono andati, altri concorrenti continuano ad arrivare,  ormai siamo rimasti in pochi e alla fine, anche una delusione: il percorso era stato accorciato di 6 km, eliso nella sua salita finale a causa della troppa neve, rischioso e pericoloso perché il sentiero si affacciava su uno strapiombo, ma anche questo fa parte del gioco, peccato non aver compreso la comunicazione nel briefing prima della partenza, ma anche questo, specie se ti trovi in Slovenia, fa parte del gioco.
NOI FACCIAMO COSI’ “
Polona Deželak, coordinatrice della corsa è una giovane mamma runner ma nonostante questo suo grossissimo impegno famigliare dà anima e corpo e tempo libero alla sua passione: è infatti la Presidentessa della società organizzatrice di questa prima edizione del Novoletni Knap Trail. Faccio la sua conoscenza venerdì sera mentre è intenta a preparare i pacchi gara in uno dei locali del Lovski Dom; è una persona cordiale e subito disponibile nonostante l’impegno degli ultimi preparativi e la seccatura che gli sto portando. Sabato mattina dirima le ultime pratiche e risolve tutti i problemi di quei trailers che si incasinano sempre prima di ogni partenza. Più tardi sarà lei col suo tablet a spuntare i vari passaggi al secondo dei tre controlli. E alla fine di tutto sarà ancora disponibile e lucida per rispondere ad alcune domande, più o meno scontate, ma le cui risposte danno il senso di quanto abbia le idee molto chiare sul significato di trail e organizzazione.
Avevate già organizzato altre gare outdoor prima di questa?
No. Abbiamo lavorato come volontari l'anno scorso nella Valamar Trail in Croazia e abbiamo concluso molti percorsi di trail run in giro per l'Europa. Non avevamo mai organizzato un nostro trail. Posti dove far pratica ce ne sono ovunque in Slovenia quindi conosciamo quasi tutte le bellezze della natura e abbiamo deciso di mostrarle ai corridori e alle altre persone.
Allora dimmi com’è andata la…prima… esperienza da organizzatori?
Non è stato facile. Abbiamo avuto molti problemi di logistica ma adesso siamo felici di avercela fatta. Abbiamo imparato molto e la prossima volta sapremo come migliorare. Per questo siamo felici che i partecipanti siano rimasti soddisfatti e ci diano dei feedback positivi.
Cosa avete voluto dire agli atleti proponendo questo winter trail e quali erano secondo te i motivi principali per cui uno avrebbe dovuto partecipare a questo trail?
Ci sono diversi motivi, essenzialmente volevamo far divertire i partecipanti e far apprezzare loro il percorso, specialmente per i bellissimi panorami con le montagne. Secondo me il Knap Trail è un trail pieno d'anima, potevano esser viste le tradizioni della cultura del territorio del Zasavje e le bellissime foreste e colline della Slovenia.  I tratti più interessanti erano le colline Mrzlica e Čemšeniška in quanto rappresentavano la parte più impegnativa e panoramica della corsa. e da lì ci sono degli scorci davvero belli. Alla fine non siamo riusciti a vedere la Čemšeniška. Vogliamo mostrare molto di più, per questo faremo dei piccoli cambiamenti di volta in volta. Grazie all'anima del percorso i partecipanti sono riusciti a sentire l'energia positiva e hanno apprezzato tutto questo.
Ho saputo appena all’arrivo che la gara era stata accorciata per motivi di sicurezza. Puoi spiegarmi meglio cosa è successo? Anche il percorso di 16 km ha subito modifiche?
I nostri ragazzi sono andati a segnare il percorso ieri mattina e, tornando alla collina Čemšeniška , hanno visto che c’era troppa neve non consolidata, poteva far scivolare i partecipanti e lì ci sono dei punti esposti; abbiamo cambiato all'ultimo minuto. Questo ha reso il percorso più breve ma pensiamo sia stato comunque molto difficile proprio a causa del terreno. Per il prossimo anno abbiamo pensato ad altre colline se si presenterà un altro problema come questo. Non vale la pena di rischiare. Il percorso più breve non è stato modificato.
La società di cui sei Presidente è di Lubiana, perché organizzare un trail proprio qui a Trbovlje piuttosto che in un'altra zona più vicina?
Abbiamo scelto di venire qui perché questa parte della Slovenia  non è molto conosciuta ma ci sono tante cose da vedere; per il futuro organizzeremo altre gare in altre posti.
Cosa significava per voi organizzare questa corsa ? Era una prova per la 100 miglia di settembre o quella gara sarà gestita da un altro comitato?
Stiamo prendendo in considerazione altre 5 corse, una era il Knap Trail che faremo tradizionalmente, l'altra sarà la SLO 100 km e la SLO 100 miglia. Le altre le organizzeremo per l'anno prossimo in quanto c'è troppo lavoro da fare. Il Knap Trail non dipende dalla SLO100 ma di sicuro è stato utile per noi vedere gli sbagli più comuni che vengono fatti organizzando le corse; sarà più facile organizzare la SLO100 in quanto molto del lavoro sarà simile a quello fatto per il Knap Trail.
Quest’anno dopo il Knap Trail, gara di apertura, nel mese di maggio anche Vipava farà la sua 100 km, a giugno Podbrdo organizza assieme al GM4O anche un ultra trail di 130 km, poi a settembre la 100 Slotrail, cosa pensi di questa improvvisa corsa all’organizzazione di gare ultra?
La Slovenia è uno Stato piccolo e non ci sono molti organizzatori di corse; ci aiutiamo se necessario e siamo in contatto riguardo le date delle corse.
Anche in Slovenia è diventato di moda, come un po’ dappertutto nel mondo ( e allora si vuole copiare ?),  o è una logica conseguenza che dopo le tante corse in montagna ( su distanze brevi o vertical ) che si svolgono in tutte le regioni della Slovenia nel corso dell’anno si passi a distanze più lunghe?
Qui ci sono molti corridori che fanno tutte le gare per mantenere uno stile di vita attivo o grazie ad altri amici runners. Si sente spesso dire però che, in quanto non ci sono molte gare in Slovenia, devono spendere molti soldi per andare all'estero e quindi questo aumento di gare significherà molto per i corridori sloveni. Siamo in contatto con gli organizzatori della 100miglia in Istria ed entrambi vogliamo invitare corridori da tutto il mondo per mostrare loro i nostri bellissimi paesi. Penso che sia di moda ora e che sia uno strumento ottimo per mostrare alle persone la bellezza dei luoghi e delle culture non conosciute, per ricordare alle persone quanto bello sia il nostro ambiente e come si possa vivere bene.
Considerando che anche la vicina Istria propone da aprile a settembre già 5 ultra trail ( so che ce ne saranno altre ) non c’è il rischio di sovrapposizione delle date con conseguente dispersione di partecipanti? O è più importante e sufficiente, secondo te, che si organizzi qualcosa indipendentemente dal numero dei partecipanti?
Penso che molte persone si godono le corse non pensandole come a delle gare; ci sono molti qui in Slovenia e in Istria che fanno le gare per vedere i panorami, conoscere gente nuova e passare dei bei momenti quindi non ho paura di “perdere” partecipanti. Comunque in queste grandi corse c'è un limite di partecipanti quindi non tutti possono iscriversi. Penso che le gare migliori resteranno sul calendario e quindi dovremo lavorare sodo.
Secondo te, il periodo e la data, quindi le condizioni meteo e del percorso ( come abbiamo visto,difficili ) quanto possono condizionare o meno la decisione di partecipare a questo tipo di gara?
Avevamo scelto la data per la prima gara della stagione per i runners che amano allenarsi in inverno e che amano le montagne e che di solito non hanno molte opzioni. Non volevamo complicare troppo le cose per via dell'ultimo dell'anno e volevamo solo che la gente venisse a passare dei bei momenti anche nel periodo invernale. Non abbiamo pensato che le condizioni atmosferiche potessero condizionare troppo i partecipanti. I trail runners amano tutte le condizioni atmosferiche e penso che riguardo a questo abbiamo avuto ragione.
Per finire, siete soddisfatti di come si è conclusa la 1^ edizione del NKT, i numeri che avete fatto erano quelli previsti o speravate in qualcosa di più?
Ci aspettavamo metà delle persone. Questa è stata una grande soddisfazione ma avere molti nuovi partecipanti il giorno stesso della gara rispetto alle pre-iscrizioni on line ha reso molto difficile l'organizzazione sul posto. Alla fine siamo stati molto felici di sapere che i partecipanti erano soddisfatti e di vederli sorridere a fine gara. Ci ha dato una grande voglia e motivazione di fare di più e meglio.
Allora …nasvidenje… al prossimo anno?
Ah, ah…spero proprio di sì, mi farebbe molto piacere,  nasvidenje.
Articoli e intervista inseriti nello speciale FRONTIERA D’ORIENTE del Trail Running Magazine SPIRITO TRAIL ( n° 74 - marzo 2015) )

Il primo pensiero è andato ma è stato facile perché era già tutto pronto per la copia, non aggiungo altro se non che a questa esperienza prettamente invernale è seguito un lungo periodo di stasi mentale il quale mi ha portato a mettere in discussione tutto il prosieguo non solo dell’attività ma della mia esistenza di trailer. Crisi? Appagamento? Soltanto un periodo di stanca? Sicuramente anche problemi altri che minavano, magari inconsciamente, la passione per la corsa in natura oppure oramai il maleficio del jazo soto el cul era partito e io ne ero coinvolto malgrado tutto . Fatto sta che 14 giorni dopo partecipo alla LANARO GRANFONDO con la Mountain Bike piuttosto che da podista, per cercare un ‘immediata inversione di rotta  che ovviamente non ci sarà, me lo fanno capire in maniera indefettibile i crampi all’inizio dell’erta finale che mi costringono a scendere dalla bici per raddrizzare i muscoli attorcigliati in maniera inverosimile. La rassegnazione prende ben presto il sopravvento ma almeno con quella constatazione riesco a sopperire all’incazzatura che inevitabilmente mi prende e mi sconforta e mi abbatte e mi affligge. Ma questo è anche un segno della mia comune mortalità e facendo bagaglio di ciò proseguo nel mio cammino. Quest’anno è andato, per così dire, in scena IL FRIULI VENEZIA GIULIA TRAIL RUNNING TOUR, niente di speciale se non una semplice proposta, un’idea , un intento comune, una collaborazione  fra alcune società organizzatrici di corse in montagna per dare massima visibilità e informazione, divulgando una sorta di brochure calendario, delle 22 gare organizzate dalle stesse società. Per me è stato un vero onore ma soprattutto un piacere da amico dare il mio modesto contributo alla presentazione di questa iniziativa che verrà replicata anche per il 2016. La brochure ne riporta una parte, quella più essenziale, il testo completo si trova, quasi nascosto, sul sito ufficiale del FVG-TRT nella sezione about ma da adesso in poi anche fra queste righe. Si tratta del mio pensiero, per quanto possa essere importante, della mia visione alla realizzazione di questo “ viaggio “ podistico sui monti della nostra regione e alla mia idea di percorso spirituale a cui lo stesso può portare.
FRIULI VENEZIA GIULIA TRAIL RUNNING TOUR 2015
PRESENTAZIONE
« Per coglierne le tinte o il tratto gentile, le sfumature o l’essenza della pennellata, magari  lo stile o addirittura la genialità dell’autore, per soppesarne il valore reale o quello che noi vogliamo assegnarli, insomma per capire l’unicità di un qualsiasi quadro, dobbiamo allontanarci da esso e, mentre il nostro sguardo seguirà traiettorie dettate dal cuore, nessuna cornice  potrà trattenere l’emozione che saprà suscitare la bellezza pura di quell’opera. Ogni buon mattino mi è proprio per godermi …la bellezza pura di quell’opera, di quel quadro di montagna che un lembo di Adriatico mare vorrebbe trattenere. Se d’inverno un refolo di bora scosta la chioma sbarazzina del firmamento mentre il sole viene su dall’est è dalla parte opposta che algide appaiono le cime; nere d’estate quando è ponente a dominare il mare insanguinato. Quale emozione, quale tentazione, la fuga mi appartiene e sgattaiolo verso il bianco calcare: e il Carso è già un primo sospiro. Lo sguardo si allarga e prosegue la sua rincorsa spostando dolcemente le quinte del Collio  e oltre, quelle delle Prealpi e fin su le Giulie, oh amati monti di kugyana memoria per una fugace carezza e un abbraccio infinito. A volo d’aquila intraprendo la via delle Carniche, da sempre aspre e selvagge, per un silente incontro spirituale prima dell’ultimo bacio a quel lembo di Dolomiti e un saluto al digradare dei nostri appicchi. L’innato estro artistico della natura ha scolpito e incorniciato, stavolta sì, la forza e la rara bellezza di questi luoghi che io mi appresto ad accarezzare con passo diverso , raramente sfrontato,  non appena il primo fiore di primavera mi avrà portato il saluto di questo splendido spettacolo. Forse anche per questo, ogni buon mattino, rubando l'anima del poeta ….. “ M’ILLUMINOD’IMMENSO “
Talvolta si è troppo modesti e spesso si vuole strafare , quasi mai le cose che vediamo ci appaiono come sono in realtà fintanto che non entriamo a far parte di esse. 22 idee, 22 proposte, 22 inviti, 22 dediche da fare a noi stessi e alla comune passione, la corsa in montagna, il trail,  per riavvicinarci ed entrare a far parte di quel quadro che sin da bambini ci aveva ammaliato e dal quale ci eravamo momentaneamente distaccati. Senza fretta però, possiamo anche scegliere o decidere ma da marzo a novembre, tutta la natura più bella del Friuli Venezia Giulia, dal mare alle montagne, sarà letteralmente…ai nostri piedi.
Presentazione del Friuli Venezia Giulia Trail Running Tour 2015 apparsa sulla brochure e sul sito ufficiale : www.fvg-trt.it


2015: di corsa ( o quasi )
1,2,3,...8,9,10,...13,14,15,…e 20 ! Spero non sia un marchio registrato l’ “ e20…” dell’amico Ivan, non vorrei incorrere in qualche sanzione per l’utilizzo del …Suo marchio, in realtà volevo… rimarcare il fatto che alla fine di tutto 20 sono state le competizioni alle quali non ho potuto sottrarmi, per non dire esplicitamente…ho partecipato, di cui ben 9 primizie per il mio palato che non ho ancora capito se sopraffino o piuttosto grezzo al recepire un certo tipo di tenzone.
Dirò qui non certo di ognuna ma specialmente della…
Più sofferta… come la gara corta alla 100UTVV, allo start con in corpo ancora i postumi di una rarissima influenza; non in quanto forma sconosciuta ( era semplicemente  intestinale ) ma rarissima in quanto da parecchi anni non venivo colpito dal virus. Non so se era forte o meno ma so che mi ha prosciugato quasi tutte le energie e quelle poche rimaste le ho disperse lungo i soli 25 km che da Gradišče pri Vipavi portavano alla Lovska Koča, alla dorsale del Nanos, all’Abram, al Platz e poi giù di nuovo a  Gradišče pri Vipavi. Non volevo mancare su queste terre arcinote e arcifrequentate ogni anno in molteplici occasioni, anche da semplice escursionista, era un po’ come essere a casa per una gran bella festa, con intorno a me tanta gente che correva e con indosso un pettorale e un microchip. In parte anch’io facevo…parte di questa schiera di amici in casa soltanto che il mio andare non era proprio quello di una corsa ma un più credibile trascinarsi per arrivare in fondo e stavolta non era certo una scusa per rimanere il più possibile a godere i panorami e lo splendore della giornata primaverile. Il desiderio di vedere la discesa finale per certificare un qualche recupero si è trasformato in ulteriore rimpianto nei confronti di una quantomeno buona salute persasi da qualche parte forse già in passate stagioni e dove la mia solitamente boriosa interpretazione del discesista ha invece rivelato la mia totale assenza dando il colpo di grazia al mio fisico e soprattutto al mio spirito.
Più sofferta…sì lo già detto prima ma fra le due non so quale mettere sul gradino più alto, tanto vale accomunarle. E sì che questa era nata sotto buoni auspici. Un noto marchio commerciale per articoli sportivi proponeva un semplice e soprattutto gratuito concorso con in palio soggiorno e pettorale ad alcune corse dove tu sceglievi la tua preferita e scrivevi agli organizzatori anzi rispondevi alla domanda degli organizzatori che era : “ Vorrei vincere un pettorale perché…” . Fra le proposte la scelta cadeva sulla 3^ edizione della Mezza Maratona Alpe di Siusi, una vera prelibatezza per intenditori di montagna. Senza troppe velleità e senza sciorinare come il mio solito versi roboanti ed esaltanti lo spirito di libertà che la corsa in natura regala ai suoi appassionati ho risposto alla domanda dicendo semplicemente delle cose ruffiane quanto volete ma, ahimè , tremendamente vere. “ Vorrei vincere un pettorale perché… ...altrimenti dovrei pagare 30,00 €! Banale? Cosa vuoi che siano 30,00 €? In questo momento, con la figlia all'Università,il figlio che fa il corso per Aspirante Guida Alpina,ma soprattutto con la moglie in mobilità e il sottoscritto in solidarietà, potere in qualche modo dare sfogo alla propria passione, la corsa in montagna, partecipando lo stesso a una competizione risparmiando qualcosa, sarebbe già un semplice ma significativo gesto da intendersi come una piccola speranza : che nel 2015 le cose comincino a cambiare. In meglio ovviamente .” Cavolo! Mi hanno premiato. Diciamola tutta, devo aver  fatto veramente tanta pena alla giuria. O forse no, hanno capito che veramente per me sarebbe stato un piacere poter correre al cospetto di splendide montagne quali il Sassolungo , lo Sciliar, il Catinaccio il Sassopiatto e quant’altro di godibile c’è ruotando lo sguardo a 360° dalla linea dello start a Compatsch e per tutti i 21 km della mezza maratona. Più sofferta? Siamo al 5 luglio con ormai diversi km nelle gambe frutto di allenamenti e corse per lo più impegnative ma qualcosa non funziona fino dalla partenza, non è possibile che appena dopo un km mi prenda un indescrivibile sconforto seguito da un irrefrenabile desiderio di abbandonare. Pazzesco, questa sensazione è del tutto nuova, non me ne do pace. Una giornata così splendida, con sole, cielo terso, temperatura quassù gradevolissima contrariamente ai 30 e passa gradi della pianura, una location inimmaginabile per una corsa outdoor , una bella compagnia di runners, le premesse per una goduria completa ci sono tutte, ma qualcosa non gira ( palle a parte! ) , qualcosa sta succedendo; decido, ovvero sono costretto a farlo, di rallentare il mio passo fino a camminare sulla prima salita, fino a desiderare la prima discesa per riprendere fiato, forze, energia o chissà cosa. Il fiato, sì è proprio quello che è in difficoltà e toglie forze a tutto il mio apparato motorio. Allora mi rendo conto che sto correndo a quasi 2000 m di quota e nonostante il mio allenamento, fatto di sali e di scendi continui, a varie quote e per vari dislivelli,  non è sufficiente a incanalare la mia corsa odierna verso un passo e un ritmo quantomeno regolari. Non sto qui a narrare del dispiacere che mi sono tirato su lungo tutta la bellezza di questo percorso ma se caso mai dovessi ritornarci so che dovrò comportarmi più da alpinista che da podista  prevedendo un periodo di acclimatamento a queste quote. Ma sono proprio certo che questo raziocinio porterebbe ad un risultato diverso? Gli altri e oltre  500 partecipanti hanno forse perseguito questo tipo di preparazione per arrivare qui e partecipare tranquilli e beati senza tanto soffrire? Non è forse che la storia si ripete e sono io che lascio qualcosa alla mia affidabilità fisica? Continuo a non capire e, quel che è peggio, a continuare questa auto flagellazione inutile. Ma, lo spettacolo deve continuare…almeno così mi viene da pensare.
Più sofferta…lo già detto? …e ripetuto? Anche le divertenti e corte gare in Slovenia, quelle del Primorski Gorski Teki solitamente, alle quali partecipo, mi riservano qualche sofferenza di troppo, un vero peccato perché essere presenti a queste feste di paese equivale sempre a un piacevole momento di vero e proprio svago dove la corsa passa in secondo piano. C’è sempre un gruppetto di triestini alla partenza, arrivati qui alla spicciolata, ma che alla fine si ritrovano quasi sempre allo stesso tavolo a brindare con in mano la immancabile laško pivo e commentare le proprie prestazioni sempre con toni di malcelata modestia. Intorno, l’ambiente quasi sempre rupestre o rurale fatto di prati, boschi, fattorie, animali da cortile, contadini, rende l’atmosfera alquanto rilassante resa però euforica  soprattutto dai frizzi e lazzi dei convitati. E’ così a Zadlog, a Kamnje, a Gradišče, a Povir, sul Čaven e addirittura sulla Šmarna Gora seppur qui si respiri l’aria cittadina che sale dalla sottostante Lubiana ma anche quell’aria d’elite vista l’importanza che assume questa storica corsa ormai facente parte di un circuito mondiale di corsa in montagna alla quale partecipano veramente i migliori specialisti di tutto il mondo e un fora de testa di Muggia.  Per fortuna che nel trail ci sono anche piccole cose come  queste, correre assieme a un campione del mondo, lui in testa dall’inizio alla fine e tu lottare fino allo spasimo per non voler essere proprio l’ultimo o quasi. Riconosco grande significato al gesto sportivo di una stretta di mano da chi ti ha appena superato 50 metri prima del traguardo, rimontandoti in salita dopo che lo avevi superato tu scendendo a mille la tecnicissima discesa e pensavi ormai di esserti sufficientemente avvantaggiato. Ma non sempre e così e allora bisogna accettare il verdetto perché la volta dopo, magari, sarai tu ad andare da lui a stringergli la mano. Questo è sano agonismo. E questo ti fa dimenticare quanto hai faticato quest’oggi, più dello scorso anno e già speri che il prossimo sia meno improbo.
I Vertical Kilometer o Chilometro Verticale a seconda dell’organizzazione, sono una specialità della corsa in montagna che si sta espandendo, vuoi per l’ aspetto tecnico che questa corsa esprime, che poi raramente si tratta di una corsa, quasi sempre una camminata veloce, vuoi per il gesto atletico che essa richiede, vuoi per l’impegno relativamente breve ma molto intenso, vuoi per la carica di adrenalina che sprigiona questo tipo di competizione, vuoi per la combattiva sportività dei partecipanti, vuoi per l’emozione di concorrere a certi ritmi, vuoi per il terzo tempo sempre di simpatia e amicizia, vuoi per altre cose che inevitabilmente sfuggono a chi ci da del matto, fatto sta che forse è il tipo di gara, sì mi sbilancio dicendo gara ma è così, che forse più mi piace, più mi prende e più mi soddisfa a livello mentale ma anche come risposta fisica. E allora vado alla ricerca di queste sparate da 1000 e più metri di dislivello per cercare l’ennesimo confronto con me stesso. Confermando certe uscite dello scorso anno, togliendone alcune e avventurandomi in nuove alla fine sono 5 le tirate , 3 da 1000, 1 da quasi 1500 come l’Učka Vertical Kilometer, un must, e la novità, agognata e finalmente realizzata del Grintovec, 1957 metri di dislivello puro tutti in una feroce rincorsa, per me, al tempo limite e alla conquista di una cima come questa, la più elevata delle Kamniske Alpe, fra le più ambite da qualsiasi escursionista che si rispetti. Il tempo limite per entrare in classifica, 2 ore e 30 minuti! I tempi da camminatore sono: dai 601 m di partenza di Kamniska Bistrica, 3h 30’ al Kokorsko Sedlo dove c’è anche un Rifugio, la Cojzova Koča,  a m 1793 e da qui ai 2558 metri della vetta ancora 2 ore, totale 5 h 30’! Quanta importanza dovrei dare al fatto che sono entrato in classifica anche se sono andato oltre il tempo limite per 2’ e 01 “? Nessuna! Sono felicissimo di aver fatto e concluso questa salita pazzesca. Le premesse atmosferiche non erano certo incoraggianti visto l’andamento piovoso della settimana appena passata e di quella entrante, l’ultima di luglio, in cui l’estate avrebbe dovuto esprimersi attraverso sole e temperature estive, invece sembrava di essere alle soglie di un precoce inverno. Il meteo dava comunque una pausa mattutina, quindi niente pioggia, ma cielo coperto, aria appiccicaticcia per l’alto tasso di umidità e temperatura alquanto fredda, soltanto 8° C alla partenza, ma niente di tutto ciò poteva scoraggiare i partecipanti, avvezzi ai rigori dell’inverno piuttosto che all’afa estiva. Allora via lungo la strada forestale che termina alla stazione di partenza della teleferica, già bruciati 500 m dove il gruppo inevitabilmente si sfila e le posizioni si attestano fin dal basso. Il sentiero seguente non darà tante possibilità per eventuali sorpassi, perché stretto ma anche ripido abbastanza da non consentire scatti per eventuali sortite. Pioviggina un po’ ma è piacevole e utile, serve per lavare la fronte madida di sudore. Oramai ho individuato i miei compagni di viaggio, vedo anche mio fratello che mi precede qualche tornante più su. Siamo nel canalone che porta al Rifugio già in vista. Qui un sostanzioso ma velocissimo ristoro e avanti perché mi aspetta la parte più tecnica del percorso. Paradossalmente è anche la più scorrevole, il sentiero si abbassa e si riesce anche a correre per un po’ ma facendo molta attenzione, è proibito scivolare, potrebbe …nuocere, anche definitivamente, alla salute. Siamo avvolti dalle nuvole che negano qualsiasi tipo di scorcio panoramico, peccato perché intorno deve essere splendido, lo intuisco dal tipico paesaggio alpino che accompagna i miei ultimi sforzi. Le balze finali sono quelle rocciose dell’alta montagna , brevi serpentine mi sospingono verso la vetta, atleti che scendono e ti incoraggiano, bello! Per loro il pasta-party alla Cojzova Koča è già pronto. Intravedo il mio arco di trionfo, che bravi gli organizzatori, l’hanno tirato su proprio sulla cima, ci passo sotto ed è finita ma…soltanto la salita, per il momento. Sono in canottiera ma quasi non sento il vento gelido che spira e porta a spasso tutto questo nuvolo ma in un minuto sono già bel e ricambiato e imbacuccato. Per un attimo ancora provo la piacevole sensazione del rilassamento post gara  ma la temperatura intorno allo 0 mi riporta alla realtà ricordandomi che adesso devo scendere, logicamente mi aspettano i 1957 m di dislivello da rifare a sguardo in giù. Mio fratello ha problemi fisici di ogni sorta, resto con lui, e con noi ci sarà sempre un addetto dell’Organizzazione, un volontario del Soccorso Alpino Sloveno che segue l’evolversi della nostra sofferta e lunga discesa. Anche per noi il pasta-party è stato generoso e gradito, all’interno del Rifugio. Ma questa sosta non è stata sufficiente a rimettere in sesto l’imberbe. Ancora sofferenza per lui, almeno fino alla stazione della teleferica. Poi i nostri…soccorritori ci accolgono su un’ automobile per un ( sigh ! ) inglorioso rientro, ma quando ci vuole, ci vuole. Ci soffermiamo ancora davanti ad un sempre gradito bicchiere di birra mentre ci consegnano il diploma di partecipazione, tutto molto casereccio e genuino, quindi tutto molto sloveno e non ci meravigliamo. Le premiazioni non sono per noi, comuni mortali, e allora ci defiliamo e apprestiamo al rientro. In più di 30 anni di frequentazioni montane come escursionista, dove a volte una vetta poteva diventare una chimera per le sue difficoltà o per  l’impegno che bisognava profondere o per altri oggettivi motivi ma anche dovuti alla mia inesperienza,  mai avrei pensato di arrivare quassù, anzi…lassù, quasi di corsa nel mezzo di condizioni meteo se non del tutto avverse quanto mai al limite , probabilmente se fossi arrivato qui da capo gita con un gruppo di escursionisti al seguito avrei sicuramente tentennato di fronte all’idea di portarli fino in cima con un tempo così incerto; in ogni caso quella sarebbe stata un’altra storia. Adesso mi godo questa, di storia, almeno fino al prossimo luglio, sì perché, nonostante tutto, quei 2’ e 01” mi stanno… letteralmente… qui!
E veniamo alla parte più sostanziosa dell’intera stagione quella che mi ha dato sicuramente più soddisfazioni, almeno fino al suo, per così dire, epilogo. E qui tornano in prima battuta gli…e20… quelli che dall’anno scorso mi hanno fatto piacevolmente scoprire e in maniera diversa riscoprire Gemona del Friuli e i suoi dintorni o come piace a me:
DINTORNI E … GEMONA DEL FRIULI
2° TRAIL DEI 3 CASTELLI                                                          domenica 17 maggio
Il Trail dei 3 Castelli, quello lungo, monco della sua parte bassa nel 2014, per via delle azzardate previsioni meteo tendenti al brutto pomeridiano, mi aveva comunque regalato momenti lirici lungo la cresta del Cuarnan o dalla cima del Chiampon con i loro cangianti panorami, tali a seconda della direzione della nuvola di passaggio; e poi la seguente discesa agli “ inferi “ con l’apoteosi della Val Venzonassa. Ma anche in occasione del Vertical del Cuarnan che mi aveva riportato su quella cima per concedermi un rilassato scorcio di Friuli estivo negatomi al passaggio primaverile soffocato allora da quelle spire di nebbia gravante. Il 2015 mi porta a scegliere il giro corto dei 3 Castelli, quindi la parte bassa che mancava al mio apprezzamento e per farlo appieno devo accontentarmi, per così dire, dei soli 30 km che per me sono quasi tutti una novità. E’ tutto così piacevole, a cominciare dalla giornata luminosa e la temperatura gradevole; sono da subito contento di aver optato per il percorso breve. Mi è familiare il traverso sotto la Pale Furmiarie fino al bivio che lo scorso anno ci aveva costretto lungo Lis Presis piuttosto che scendere al Zuc de Crôs; ed eccola lì la croce qual sacra vedetta dall’irresistibile balcone sulle colline moreniche sottostanti. Adesso si va giù a prendere la rincorsa per tutto quel dislivello che ci serve per il sale di questa gara corta. Si arriva a Montenars e ancora più in basso verso Artegna lungo l’esuberante torrente Orvenco che mi costringe spesso a distogliere  lo sguardo dal sentiero per ammirarne il cristallino corso specialmente quando la natura selvatica di questi luoghi lo obbliga ad effettuare dei formidabili salti per superare la roccia. Al termine del “ Troi des Cascades “ si finisce inevitabilmente sull’asfalto che ci porterà a raccogliere la benedizione di Santa Maria Nascente al termine della storica Scala Rotter, ci voleva per interrompere il compassato ritmo da paese e prepararci alla successiva lunga risalita. E così avanti, ma adesso comodi comodi verso il Faeit e il Campeon che si spacciano per monti ma la cui quota li tradisce inevitabilmente. Il vero monte è in attesa più in alto. Ben presto siamo preda di una sorta di aucupio, localmente storico, ma non per la presenza dei tipici “ roccoli “ con l’infida pania a bloccarci ma perché anche noi, miseri uccelletti domenicali verremo ghermiti dagli artigli di una torrida risalita allo spallone sud del Cuarnan fattosi, nel nostro immaginario, temibile aquila e terribile nemico per un improbabile confronto. Alla fine sarà il Redentore a salvarci con il miracolo della discesa! E che discesa! Ma poi al Ristorissimo della Malga Cuarnan tutto si dimentica e tutto aiuta per la volata finale. Uno sguardo alla cima del Chiampon è sufficiente per farmi ammettere, nel caso avessi avuto ancora qualche dubbio,  che la scelta corta, quest’oggi è stata quella giusta. Mi permetto uno  sberleffo ai 700 e passa metri di dislivello che dalla Sella Foredor mi avrebbero portato fin lassù, oggi no, oggi si svolta a sinistra e in discesa e di corsa per andare a toccare l’arrivo. E’ questo un arrivo diverso dallo scorso anno ma non credo meno glorioso perché anch’io sono diverso dallo scorso anno e per oggi va bene così.
1° TRAIL DELLE FARFALLE                                                       domenica 12 aprile
Ma facciamo un salto all’indietro di un mese o poco più, quando 7 giorni dopo le sofferenze dell’ UTVV 100 corso però sulla distanza dei 25 km con addosso i postumi di un’influenza intestinale, mi ripresento al via di una corsa tutta nuova: il Trail delle Farfalle che non poteva non corrersi che a Bordano, il celeberrimo paese, guarda caso, delle farfalle.  La giornata è a dir poco splendida, la primavera è iniziata da poco e oggi se ne respira a pieni polmoni la sua aria e si riempiono gli occhi dei suoi colori. Nonostante la sua fama, Bordano paese per me è una novità, ricordo soltanto un remoto tentativo di visita al Museo e nulla più. Anche oggi il Museo aspetterà. La festa è presto iniziata, si va via leggeri per riva destra del Tagliamento a raggiungere Braulins, è qui che iniziano i dolori, inizia la risalita al Brancot e alla sua cresta. Contrariamente alla domenica precedente, le gambe sembrano girare e se così non fosse sarà il caso adesso di farle girare perché la salita è di quelle toste. Non sarà di certo sufficiente l’aura di spiritualità, offertaci dagli organizzatori nell’originale attraversamento della chiesetta di San Michele dei Pagani poco sopra Braulins, a farci risalire le toste pendici a volo di farfalla. Speriamo che la chiesetta di rosso vestita, sopravvissuta al terremoto non risenta del passaggio di questi sventati trailers per niente riguardosi verso l’Arcangelo Michele e tanto meno devoti per un fugace segno della croce alla Trinità. La salita incombe ma in modo piacevole perché nel bosco si apprezza tutta la sua frescura e il raro scostarsi di qualche fronda ci da l’idea dell’allontanarsi dal fondo della Val Tagliamento destinazione cima. Lasciamo a sinistra gli ultimi metri per il Brancot perché andiamo a raggiungere una cresta erbosa che si apre formidabile quale spartiacque fra la Val del Lago e la Val Tagliamento. Vorrei fermarmi adesso e ogni tanto più avanti: quassù, la varietà dei paesaggi friulani mi ha colto di sorpresa. Riconosco i monti che mi stanno intorno, dai vicini, Cuar, Chiampon a quelli più in là come il Sernio e Creta Grauzaria, il San Simeone lo posso quasi toccare mentre l’Amariana mi strizza l’occhio perché vuol essere considerata anche lei. Mentre passo il Palantarins e mi avvio al Tre Corni e prima di cominciare la discesa sul Naruvint, quello che mi colpisce di più, oltre ai raggi di sole e a lievi folate di vento caldo, è la poesia del lago dei 3 Comuni, il Lago di Cavazzo, che lì sotto, a guisa di diamante incastonato in un verde diadema alpino fa bella mostra di sé per questo sguardo trasognato che non può soffermarsi tanto più di questo attimo a rimirarlo. Il respiro si fa sospiro per non essere curiosa farfalla o selvaggio grifone ma sì piccolo uomo di fronte a cotanta grandezza.  “ E allora giù, giù, quasi per caso…” Ma non è così banale,anzi, piuttosto ripido il discendere e con il pensiero ancora a trastullarsi fra i fili d’erba di quella splendida cresta, quel po’ d’attenzione s’impone. C’è ancora un po’ di salita e di strada da fare per ritornare a Bordano, ma non invidio di certo le coppie che stanno risalendo le pendici del San Simeone per andare a virare dalla parti della cima e lanciarsi nell’estenuante discesa e concludere la loro gara. Da parte mia, fra un bivio e l’altro mi ritrovo a percorrere il Sentiero Entomologico che ormai in perfetta discesa mi riporta dove è iniziata questa fantasmagoria primaverile. La felicità è tanta perché oggi è stata una giornata semplicemente bella.
MONTE PLAURIS m 1958                                                          domenica 12 luglio
La strada viene su regolare da Carnia e asseconda la nostra impazienza di metterci a camminare…o correre? Prima degli Stavoli Tugliezzo, + o – a quota 458, c’è Mister e20 ad attenderci. Il buon Ivan, attratto dall’itinerario che avevo programmato per questa importante domenica, si aggrega al terzetto salito sin qui dalla lontana Trieste e con la mira di salire ancor più in alto. Quante volte dal transito autostradale da e per la Carnia, il mio sguardo ha trasmesso al mio pensiero l’immagine del Plauris scarnificato dalla natura selvaggia e al mio cuore il desiderio di conquistarlo. E giunse l’ora per la salita e pure presta, ma non per via delle giornate corte visto che siamo a luglio ma per l’attesa di un convivio finale in bisiacheria che avrebbe coinvolto quest’ oggi tante altre persone. Se da 10 anni, anche corro, in montagna, sono 30 gli anni che mi hanno visto camminare assieme a tanti amici con i quali ho condiviso la comune passione per la montagna. E proprio per ricordare questo 30° anniversario, visto che siamo, per così dire, nati nel 1985, la Sottosezione di Muggia del C.A.I. – S.A.G.  ha organizzato, tra le altre cose, la salita a 30 cime diverse, con 30 capi gita diversi che guideranno 30 gruppi diversi, e lo ha fatto in questa domenica d’estate. Ed eccoci, ad un’ora ancora fresca , ormai incamminati che stiamo affrontando i 1500 m di dislivello che ci porteranno sulla sommità di  questa montagna, il Plauris,  una delle 30 cime prescelte per ricordare quanti anni sono passati da quando abbiamo iniziato questa nostra bella storia . In questo quasi Vertical Mile iniziale , tanto per rimanere in tema , si sale, per quanto possibile, veloci, ma come si conviene in questi casi, cioè in una gita del C.A.I., al passo del più lento, che in questo caso avrete capito essere io. Raggiungiamo in breve il grazioso Ricovero Franz adagiato in una radura a 1034 m di quota, soltanto una foto e via. Adesso il sentiero s’inerpica e il bosco ha lasciato il posto al vuoto intorno a noi per incominciare a godere del panorama che una volta arrivati ai 1617 m del Passo Maleet si fa davvero imponente. Il luogo non è proprio tanto severo e nonostante l’asprezza della roccia che oramai ci ha proiettato in un ambiente tipicamente alpino, è tutto molto piacevole. Finalmente mi trovo, dopo molto tempo, a salire una vera montagna. Anche se la quota è modesta, avevo perso l’abitudine ad arrivare su di una cima rocciosa, per quelle tracce da cercare fra sassi mobili o seguendo gli immancabili ometti creati apposta da precedenti e previdenti salitori . Ed eccoci qua tutti e quattro a godere letteralmente della bellezza dell’intorno che a 360° offre uno spettacolo indimenticabile pur essendo soltanto al centro e al di sopra di valli sicuramente poco significative per il turista della domenica ma non per il datato escursionista. Meglio così, ché l’apprezzamento migliore viene dal cuore piccolo che si ferma di battere per quell’istante d’infinito piacere che gli regala la natura in giornate come questa. Non so che aggettivo potrei usare per rendere appieno l’emozione provata all’atto di toccare la croce di vetta pure riscaldata dai raggi del sole, quassù più vicini, e non solo, lasciavo scivolare lo sguardo veramente in basso, sulla Val Venzonassa, sulla Val Resia, la Val Tagliamento, e con esso, una volta risollevatolo,  andavo a cercare tutte le cime che mi ricordavano i trent’anni del mio percorso montano. Dopo la rituale foto è tempo di proseguire, quindi scendere, con attenzione, almeno i salti di roccia e dopo in direzione sud, cresta, traverso, Malga Confin ci aspetta 600 m più in basso. Non si può sbagliare né prima né tanto meno la scorciatoia, artatamente cesellata nell’erba alta da sapiente mano contadina ma al malandrino  scopo di condurci alle ristoratrici birre dell’Agriturismo, probabilmente, l’errore fatale che condizionerà, in parte, il prosieguo della gita, ma ce ne renderemo conto soltanto in seguito.  Si perde tempo a gustare l’aromatica frescura e a farsi confondere dall’amenità del luogo ed è così che si riparte decisi dietro i segni bianco-rossi  del C.A.I. ma, ahimè, quelli col numero sbagliato. Realizzeremo l’errore quando vedremo la Forca Campidello sotto di noi allontanarsi ad ogni piè sospinto. Ma come spesso succede in questi casi, invece di ritornare sui propri passi e ricomporre il cammino si decide di continuare e fidandosi della solita obsoleta cartina topografica aggirare, per così dire, l’ostacolo andandoci poi invariabilmente a cozzare contro un altro più grosso. Le tracce di sentiero che dovrebbero portarci ai ruderi della Casera Lavara, ben 200 metri più sotto della Forca Campiello dalla parte opposta, non ci fanno altro che perdere inutilmente quota perché di fatto si esauriscono nell’intrico della boscaglia e in un mucchio di sassi e il mesto ritorno dal ripido non fa altro che aggiungere delusione e stanchezza alla constatazione di essere stati degli sciocchi ad aver insistito nel compiersi dell’errore. Rientrati alla Confin oltre al tempo prezioso se n’era andata anche la voglia  delle grandi imprese per fortuna ci era rimasta la consapevolezza che il giro da me idealizzato sarebbe stata troppa cosa per il tempo a disposizione. Il gruppo si divide: i più forti ( più allenati ) ritorneranno agli  Stavoli Tugliezzo, per recuperare l’automobile, lungo il sentiero dei 1300, così chiamato perché corre più o meno sempre a quella quota, così sembra, ma poi si alza per salire alla Casera Cjariguart e ancora e di nuovo ai 1617 del Passo Maleet e da qui i nostri scenderanno a ritroso il sentiero dell’andata; i meno forti ( meno allenati ), una volta a Malga Ungarina direttamente a Venzone per il sentiero C.A.I. 705, una bazzecola. Non abbiamo fatto i conti con l’incuria dei sentieri C.A.I. in questo periodo e in questa zona probabilmente poco frequentata, l’erba cresciuta selvaggiamente e anche qualche piccola frana ci fanno sbagliare fin da subito e come per l’esperienza precedente, vogliamo aggirare l’ostacolo anche questa volta dalla parte sbagliata e come in precedenza, anche qui e molto in basso, le tracce si rarefanno fino ad estinguersi e una volta compresa l’inutilità del proseguire si ritorna sui propri passi con la coda fra le gambe e quel che è peggio con la molto seria prospettiva di dover scendere a Venzone lungo i più di 10 km di strada, tutta carrareccia e tornanti almeno fino alla galleria nei pressi del bivio per la romita chiesetta di S.Antonio e poi asfalto e qualche curva. Una bella corsetta e si va giù che è un piacere….beh!...non sarà proprio così, anzi, sarà una tormentosa camminata e con poche possibilità oramai di godere della frondosa bellezza del bosco e dello scorrere della Venzonassa negli scorci sul fondovalle. Non c’è altro da aggiungere se non l’ignominioso arrivo a Venzone a bordo di una, però provvidenziale, automobile alla cui coppia di anziani proprietari abbiamo probabilmente fatto una gran pena, al nostro incrociarli nei pressi di Borgo Costa, da indurli ad offrirci quello che in cuor nostro era rimasto un agognato  passaggio. Non ci sono ad attenderci i nostri amici più allenati, sarà nostra l’attesa e anche lunga perché lunga è stata anche la loro fase di rientro. Alla fine ovviamente stanchi e moderatamente contenti e celiando sul fatto che non sempre le ciambelle riescono col buco – evidentemente questa di oggi sarebbe stata una ciambella troppo ampia -  ce ne andiamo a concludere la serata coi festeggiamenti conviviali per il trentennale del C.A.I. di Muggia.
1° VERTICAL SAN SIMEONE                                                         venerdì 31 luglio
Il titolo la dice tutta o quasi ma non è sufficiente dire dei 1000 m di dislivello e dei 3300 m di sviluppo per spiegare non tanto la fatica ma le suggestioni provate in questa corsa o meglio rincorsa al tentativo di arrivare al traguardo prima del sopraggiungere delle tenebre, visto che si partiva a ridosso del buio. Questa era una giornata lavorativa e fuggire dalla città per un’avventura serale e stata una vera e propria manna mentale e poi ad aspettarci c’era questa serata di plenilunio quindi… Quindi ci si trova nuovamente a Bordano questa volta con il sole oramai dietro al Brancot o al Cuar, ma con gli ultimi raggi sghembi che ci indicano il punto d’arrivo, lassù presso la chiesetta di San Simeone. Altroché, è ripida forte sta salita! L’adrenalina sta salendo come pure pian pianino la luna in cielo ancora per poco mimetizzata dietro ai colori del tramonto. Si abbandona ben presto il paese schizzando letteralmente in avanti e all’insù, siamo già sul ripido sentiero che raramente mollerà la presa per consentirci un rifiato che è ben poca cosa rispetto all’effettiva necessità. Non ci sono target da inseguire ma soltanto la meta e allora poco spazio al dialogo con altri concorrenti se non quello stretto e relativo alla durezza dell’impegno. Anche se non è ancora buio, nel bosco non fa di certo chiaro e allora qualcuno già si fa aiutare dalla frontale per vedere dove mettere o non mettere i piedi. Per il momento mi fido delle mie sensazioni naturali, maturate in altre simili circostanze e che mi portano ad interpretare questa corsa notturna come un connubio con la natura che mi circonda fatta non soltanto di vegetazione intorno a me ma anche di presenze silvane in essa celate, per loro timore, alla mia limitata vista; vista, che nei piccoli spazi rubati all’intrico, diventa sguardo da gettare sul Friuli sottostante che si sta accendendo di estiva lirica notte. E il mio cuore si apre a tutta questa poesia quando, oramai approssimandomi al traguardo, la luna piena col suo chiarore, fuoriuscita da dietro il Chiampon a sfiorare il dirimpettaio Cuarnan, stria d’argento il bianco letto del fiume. Devo fermarmi per sospirare di gaudio , mai fatica fu tanto bella come in questa salita, e il fascio di luce che sembra uscire dalla mia mano non è soltanto per accompagnare il mio arrivo ma diventa una sorta di mazzo di fiori luminescenti da offrire all’Altissimo qual infinito grazie per una tal emozione. Cos’è il correre incontro ad una meta, cos’è una gara contro il tempo o peggio contro qualcuno, cos’è una ricerca del proprio io attraverso un esasperato impegno fisico, cosa sono queste esaltazioni del proprio ego a confronto del potere della natura che adesso si esprime con tale dolcezza, nonostante l’assenza di forme e colori, da costringermi anche questa volta piccolo piccolo per poter godere appieno la grandezza del creato. Bisogna rientrare, ritornare nel basso, dove tutto si ricompone e ritorna solito; la discesa è una formalità ma trotterellando in fila indiana, luce dietro luce, è divertente. Ben presto siamo di nuovo tutti sulla linea di partenza ma stavolta con decine e decine di mete diverse da raggiungere, lo faremo malvolentieri e voltandoci mentalmente per dedicare l’ultimo pensiero a questa piacevole scorribanda serale, ahimé, domani il Vertical sarà quello di ogni giorno.
2° VERTICAL MONTE CUARNAN                                                    sabato 22 agosto         
La prima volta non si scorda mai...?...ma anche le successive se meritano di essere ricordate. Lo scorso anno a causa delle avverse previsioni meteo la corsa era stata preventivamente spostata alla domenica mattina, ricordate? E poi una volta conclusa la salita di corsa alla base perché la pioggia sarebbe arrivata nel primo pomeriggio; e così fu. La gara partiva da una zona periferica di Gemona. La mia performance aveva preso una piega diversa dal momento che, a testa bassa, avevo seguito i polpacci di chi mi precedeva tirandomi dietro anche altre persone in modo che tutti assieme avremmo così sbagliato strada. Insistendo poi nell’errore si arrivò al traguardo, sigh!, dalla parte opposta. Beh, quest’anno le cose si sono svolte in maniera del tutto diversa. La partenza avviene nel pomeriggio del giorno previsto, dal centro di Gemona uscendone per ripida salita asfaltata e, quel che è più importante, con condizioni meteo consone alla stagione. Una volta inseritisi nel percorso originario e fin quasi facile salire senza fallo confermando la regola che… sbagliando s’impara. Oramai il percorso lo conosco e quell’ultimo tratto percorso 3 mesi or sono, ma in senso inverso, mi da’ la conferma  di quanto allora mi fosse sembrato ripido e non sono certo se sia meglio farlo all’insù o viceversa. L’arrivo al Pischiutta è una liberazione o meglio…la liberazione; il percorso non molla un attimo e bisogna spingere di continuo che per me assume il significato di…correre, anche se non è proprio così. Lascio sfilare il concludersi della gara, il ristoro, il rientro e mi defilo verso la cima del Cuarnan. Il sole si prepara al tuffo crepuscolare ma sembra anche aspettarmi, per donare a questo occasionale viandante, quale mi sento in questo frangente, i caldi colori di un indimenticabile momento. Sotto di me la vita nelle case, nei paesi, scorre ancora per un po’ frenetica, sembra incanalarsi nel bianco fluire del Tagliamento e allontanarsi per il meritato riposo notturno. Domani sarà un altro giorno da vivere e raccontare. C’è pace intorno a me ma se così non fosse andrei a cercarmela un po’ più in là perché quassù corre l’obbligo di chiudere gli occhi per un istante e gustare tutto il silenzio che ti avvolge. Vorrei rimanere ma qualcuno mi sta aspettando. Allora, dopo aver rubato al panorama più ampio tutti i suoi particolari più belli, volgo le spalle al culmine e, mano nella mano, lungo un silente sentiero, scendiamo alla Malga Cuarnan non prima di aver dato a questi luoghi l’arrivederci al prossimo...autunno.


1° TULIN SKY RUN                                                                    domenica 25 ottobre         
Autunno è già inoltrato ma l’estate sembra non volersene proprio andare e questa domenica è veramente una… bella domenica, guai a starsene a casa o peggio in città. Quale occasione migliore per chiudere questa stagione di corse da queste parti che mi manca il versante est del Cuarnan ( ho aspettato sì più di 50 anni prima di “ conquistarne “ la cima e adesso in 1 anno e ½  mi sembra di averlo sempre conosciuto ). A maggio, nell’intermezzo del ristoro all’Agriturismo Tulin, qui a Montenars, non ho avuto altro tempo per soffermarmi e concedermi un ulteriore godimento paesaggistico, spero oggi di averne l’opportunità. Arrivato in tutta fretta però è già tempo di partire, ma non di certo con la stessa fretta. Ed eccomi a ritroso sul percorso della 3 Castelli, ricordo allora la prima divertente discesa iniziata lassù, al bivio per Lis  Presis e più sotto nei pressi della croce del  Zuc de Crôs e adesso, eh,eh, devo …ritornare là, la prima salita e allora…come si dice…caaaalma e gesso…Per fortuna che ho soltanto voglia di godermi la giornata e tutto quello che intorno a me e più in là la riempie così il soffermarmi e voltarmi per guardare diventa la classica scusa per riprendere fiato. La temperatura è perfetta, né caldo né freddo, c’è un mitighevole sole e allo stesso tempo, in quota, reminiscenze ventose. Nonostante tutto il mio rimuginare si arriva presto alla carrareccia che a ruota libera mi conduce alla Malga Cuarnan per il solito impegnativo ristoro ( non si può rinunciare a una crostata così buona, oramai è un must! ) E adesso viene il bello, vado a conoscere una cosa nuova, la…cosa nuova, quella che mi ha incuriosito a tal punto da portarmi qui in questa domenica mattina di fine ottobre: la discesa lungo la Vedronza. Dalla Sella Foredôr sembra di andar via tranquillamente per prati ma non è così perché quasi subito ti abbassi per ripido fino ad incontrare il Torrente che scende dalle pendici di quella bastionata di monti dai nomi più disparati che partendo dal Chiampon va a dissolversi dalle parti di Tanataviele in Val Torre. L’ambiente è selvaggiamente bello e il sentiero è un vero sentiero di montagna, arzigogolato tanto quanti sono i canaloni da attraversare, c’è anche un po’ di attrezzatura in un punto,ma al tempo stesso è piacevolmente scorrevole e poi si scende. Si scende nel silente panorama aperto sullo sfociare della Val Torre che invita a guardare i piccoli paesi sottostanti e quelli più in là ormai cresciuti. E’ un bel…vedere ma anche un bel sentire, i suoni della montagna e i sussurri dell’autunno che ti invogliano a proseguire. Tuttavia se i miei sentimenti sono così attenti all’intorno è il mio corpo ad essere per niente reattivo. Avverto il disagio di una situazione negativa per quel che riguarda il mio incedere. La discesa termina con l’attraversamento del Vedronza calcando i conci del suggestivo Ponte Romano, che meriterebbe ben altre riflessioni; le riservo per tempi migliori perché qui la fantasia mi autorizzerebbe ad entrare in un mondo di fiaba. Un sospiro, due sospiri e avanti ovvero su, con il campanile di Flaipano quale riferimento per capire dove mi trovo e cosa mi aspetta ancora. Vorrei rivolgere una preghiera a S.M.Maddalena, che qui è ricordata, perché il mio vedere lontano si frantuma su quella verde giogaia che io trasformo in bastionata invalicabile, punteggiata da minuscoli esseri che reputo in  movimento ancorché impercettibile. Vorrei chiederle l’accorato aiuto spirituale affinché mi sospinga verso l’ultimo alto della giornata che adesso qui è meno bella di come l’avevo vista al mattino.  Anche il panorama non mi da le stesse sensazioni perché quelle si soffermano su altre percezioni che non sono proprio visive. Tuttavia credo di essere in buona compagnia perché davanti e dietro di me l’arrancare non mi è soltanto proprio. Il fotografo lassù si contorce per far stare nell’obiettivo tutta la mia sofferenza; ma ne vale la pena? Un sospiro, due sospiri e avanti ovvero…giù, stavolta. E più o meno come avevo iniziato questa disamina vado a concludere: ed eccomi a ritroso sul percorso della 3 Castelli, ricordo allora l’ultima, più dura salita iniziata laggiù, fin laggiù ad Artegna e poi il Faeit, il Campeon, il passaggio per il Roccolo e la cima del Cuarnan che adesso saluto con un ghigno perché è iniziato il magico volo - senza parapendio - verso Montenars. Ma non è per niente magico perché oggi la mia corsa era probabilmente già finita tempo addietro e dispersa da qualche parte sulle pendici di questo monte che nonostante tutto ho imparato ad amare. La percezione dell’arrivo imminente fa innalzare il limite delle mie difese e… il mio corpo e la mia mente reagiscono in maniera violenta trasformando in assalto la corsa lungo i trabocchetti dell’Orvenco, sì perché oramai ci sono, il prossimo sono io. “ Ciano no sta fa ‘l mona! Se  ‘deso te ciapa i crampi te son cagà. Te rivi suso picando o pezo ‘ncora remenandote per tera, sa che figurin! “ ( trad. “ Luciano non fare lo sciocco! Se adesso ti prendono i crampi sei nella cacca. Arrivi su pencolando o peggio ancora dimenandoti ( come le bestie ) per terra, sai che figura! “ ) . Anche le residue energie mentali spingono affinché il mio sia un arrivo degno di tal nome e così è perché le mie gambe e la mia testa non rinunciano allo sprint ( ? ) finale. La staccionata del Tulin mi sorregge, tiene su anche tutto il mio sconforto e le lacrime che inaspettatamente si mescolano a questo amaro sudore offuscano la mia gioia. La corsa è finita ma dentro di me la gara continua ancora perché non bastano le parole familiari e una mano amica sulla mia spalla per cancellare quanto di negativo ho assorbito lungo questo splendido percorso. Domani? Domani invece, ma anche più avanti, il mio cuore mi lascerà centellinare serenamente  le immagini più belle di questa nuova amicizia e, una volta passato il  marum    ( trad. amarezza ),  allora sì che saranno sorrisi.

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