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2015:
pensieri di corsa »
INTRODUZIONE
Domenica
3 gennaio 2016, stamattina , atmosfericamente parlando, c’era tutto
l’inverno atteso da tanto, troppo tempo: pioggia, peraltro
timidamente iniziata già ieri, raffiche, giusto un assaggio, di bora
scura e l’altopiano carsico, se non proprio innevato, quantomeno
brizzolato. Non male per essere passati di botto da un quasi autunno
ad un quasi inverno pieno. Ma oggi, come ieri e il pomeriggio di ieri
l’altro, il vero inverno è dentro di me. Ho detto inverno
o…inferno? Non c’è molta differenza per uno che ha pensato bene
di iniziare il 2016 storcendosi una caviglia, peraltro la sinistra,
quella buona che la destra tiene ancora una placca fissata con 8
parker,
a ricordo di una tri-malleolare ormai del tutto assorbita . E’ il
secondo anno consecutivo che inizio con una caduta dannosa ; lo
scorso Capodanno scivolata pazzesca sul ghiaccio del Cocusso e
stavolta storta, pure pazzesca, su un non esageratamente infido
sentiero di collegamento con la strada per Contovello, in prova sull’
S1 Half ( che non abbia usato la dovuta religiosa deferenza
passando sotto il Tempio Mariano? ) , anticipata pure, 20 metri
prima, da un normale, per me, e innocuo inciampo. Probabilmente non
era la giornata giusta, Capodanno, per fare un tipo di allenamento
come quello previsto ma, vista nell’ottica di periodo poco
fortunato, guai se fossi andato a correre a Barcola con i compagni
dell’Evinrude, non oso pensare a cosa sarebbe potuto accadermi al
momento del propiziatorio tuffo in mare o peggio al successivo
abbondante mangereccio OPQ. Morale della favola sono 3 giorni a
divano, gamba elevata, impacchi d’argilla, pastiglie di arnica e
una rabbia tutto sommato contenuta perché la consapevolezza di dover
saltare le prime corse dell’anno ha preso il sopravvento su tutti i
propositi che mi ero posto in animo. Non mi faccio illusioni sui
tempi di recupero e tanto meno stilo programmi ( porta sfiga? ), anzi
depenno quelli già in essere e mi accingo a ritornare mentalmente
alla passata stagione per fare tesoro di quelle esperienze che sono
state sempre nuove anche se certi sentieri erano gli stessi. Sono
terribilmente in ritardo col resoconto, appunto del 2015; sto
mettendo pian piano assieme i pezzi più significativi di una, tutto
sommato, ricca stagione, che mi ha regalato, anche stavolta, momenti
di particolare emozione, spero vorrete condividerli con me attraverso
la lettura di quanto seguirà.
Come
avrei voluto che questo personale luogo d’incontro diventasse un
diario scritto della mia sensibilità dove riporre di volta in volta
le impressioni frutto di particolari occasioni ma anche in questa
circostanza il tempo ha frenato ogni mia buona intenzione. Siamo
oramai a metà del gennaio di un altro anno e cercando di rallentare
la mia “ corsa “ getto sguardo e pensieri all’indietro per
recuperare sensazioni se non andate perdute quantomeno accantonate
per lasciare spazio a momenti di stanchezza quotidiana a discapito di
una più accorata presenza. Ma come si dice solitamente in questi
casi, non è mai troppo tardi, allora adesso mi metterò d’impegno
per andare a riprendermi emotivamente quest’altra stagione intensa
dove la natura, almeno lei, è stata tutt’altro che parca per
quelle che erano le mie iniziali aspettative se poste in confronto ad
una condizione fisica e mentale rimaste discontinue per tutto l’anno.
Senza andare a fondo nella ricerca dei motivi ma anche senza
accampare scuse su mancati risultati, qualora le velleità fossero
state davvero tali, devo amaramente ammettere che nonostante la
varietà degli impegni ho parecchio sofferto questo andamento al di
sotto delle previsioni. Sto parlando a me stesso per cercare di
chiudere mentalmente questo quadro astratto che vorrei isolare e
mettere in una soffitta buia e dimenticarlo sotto uno strato di
spessa polvere; sto parlando al mio cuore ma lo faccio con un pizzico
di rabbia per la delusione che mi sono portato appresso per gran
parte di questo 2015 come se la caduta, nell’accezione corretta del
termine, la scivolata sul ghiaccio del Cocusso l’1 gennaio alle 2 e
30 di notte con conseguente tremenda botta, a sconquassare struttura
ossea, muscolare e organica, fosse stato il classico brutto
presentimento di un’annata che sarà di conseguenza storta.
Accidenti, non sono superstizioso, ma visto come poi è andata,
potrei, la prossima volta, anche ricredermi sul fatto della sfiga.
Allora si parte per questo viaggio/seduta senza stare distesi sul
lettino dello psicanalista ma riportando comunque la mente alle
immagini di ricordi in ogni caso sempre vivi e intensi. Si parte,
perché al parsimonioso San Silvestro presso la Koča del Concusso,
brindando al nuovo anno con jota
e laško
e un manipolo di amici e subito seguita una novità corsaiola
nella vicina Slovenia esattamente 3 giorni dopo. Una bella prima
edizione di una corsa invernale in una zona a me poco nota,
nonostante l’ormai trentennale frequentazione delle montagne
slovene. Il mio diario comincia dal 4 gennaio, dal NOVOLETNI KNAP
TRAIL di cui rendo conto nei seguenti 3 articoli
pubblicati sul n°
74 del mese di marzo della rivista SPIRITO TRAIL
per i quali rinnovo il ringraziamento a Leonardo Soresi, Direttore
Responsabile, per avermi dato questa opportunità.
1° NOVOLETNI KNAP TRAIL TRBOVLJE ( SLO )
3 gennaio 2015
“ E’ SCOPPIATA L’ULTRA TRAIL MANIA “
La
ultratrail
mania ha contagiato anche la Slovenia! C’è grande fermento
nell’ambiente corse perché la grossa novità della stagione 2015
sarà proprio l’organizzazione di queste gare lunghe; è previsto
infatti lo svolgimento di ben 6 competizioni. Sarà pure un fatto di
tendenza o semplicemente moda, come sembra dimostrare, da qualche
hanno a questa parte, il proliferare di questo tipo di corse outdoor
spuntate come funghi un po’ dappertutto in Italia e in giro per il
mondo, ma anche qui andranno a coprire un segmento importante e non
ancora presente nel mondo trail
di questo Paese. La Slovenia, indipendente dal 1991 - entra a far
parte dell’Unione Europea nel 2004 e addotta l’Euro nel 2007 - è
una Repubblica piccola ( più piccola della Lombardia ) ma ha
tutto quello che hanno le grandi, la si potrebbe addirittura
paragonare a una specie di Europa in miniatura essendo compresa tra
le culture neolatina, germanica, ungherese e balcanica, vero è che
per sopravvivere, gli sloveni, hanno da sempre dovuto conoscere,
oltre alla propria, almeno una di queste lingue. Dal punto di vista
naturalistico, in questo, per così dire, spazio ridotto, trovano
posto tante cose: le montagne ( Alpi Giulie, Caravanche, Alpi di
Kamnik e della Savinja, Massiccio del Pohorje ), per scalate,
trekking, sport invernali; laghi
di origine glaciale
( Bled, Bohinj ) ; fiumi pescosissimi e considerati il regno di
rafting
e kayak
( Soča, Sava, Drava, Kolpa ); grotte ( Postumia e San Canziano fra
tutte, per i soli turisti ), caverne, doline, in una sola parola, il
Carso; i boschi, ben il 56 % del territorio è ricoperto da boschi,
la più alta percentuale dell’Europa Centrale. Queste prerogative
naturalistiche abbinate alla cultura sportiva del popolo sloveno
hanno fatto sorgere quasi spontaneamente competizioni di corsa in
montagna che qui solitamente hanno luogo il sabato, meno la domenica
ma in tutte e 12 le regioni di cui è composta la Slovenia. Sono
numerose le corse che , tolta la Maratona di Lubiana e dallo scorso
anno quella di Capodistria ( Istria Marathon ), la mezza di Maribor e
di Radenci, tanto per citare le più importanti tra quelle su strada,
si svolgono in natura, ci sono dei veri e propri campionati di Corsa
in Montagna ( Gorski Tek ) che comprendono una decina di gare a
stagione e che mettono in evidenza di anno in anno atleti di
indiscusso valore internazionale, uno per tutti, quel Mitja Kosovelj,
già campione mondiale di CiM lunghe distanze nel 2013 in Polonia ma
anche, fra tante vittorie, quella con record alla Dolomites Sky Race
del 2007, prima della spolverata di un certo Kiljan nel 2012.
Tornando alle Ultra, dicevo che da quest’anno si fa sul serio, ne
sono in programma 6: il 9 maggio la Valle del Vipacco ( Vipavska
Dolina ) presenta la 100UTVV ( Ultra Trail Vipava Valley ) una 100 km
con contorno di Trail 50 e Trail 25 ; il 20 giugno Podbrdo (
Piedicolle ) già organizzatore della mitica GM4O - Gorski Marathon
Štirih Občin ( Maratona Alpina dei 4 Comuni ) lancia la sfida con
una 100 km la UPT – Ultra Pušeljc Trail e si chiude al 18
settembre con la società di Lubiana dello Športno Društvo
Slovenske Steze che cala un poker pesantissimo da stendere tutti i
concorrenti a questa corsa nella corsa e cioè la SLO TRAIL 50, LA
SLO TRAIL 100 E LA SLOTRAIL 100 MILE. E la quarta gara? Beh quella è
ormai acqua passata, si è svolta il 3 gennaio u.s. in ancora clima
Capodanno. I ragazzi lubianesi sono partiti subito alla grande
iniziando il 2015 con l’organizzazione di un winter
trail
che poi, visto l’evolversi in peggio del meteo in quel periodo, si
è trasformato in un ice
trail,
nella cittadina di Trbovlje, un importante centro minerario a 50 km
dalla capitale Lubiana, posto nella regione della Zasavska. Qui è
ancora fertile l’attività estrattiva del carbone e una delle sue
tre centrali, la Termoelektrarne
Trbovlje-TET,
possiede la ciminiera più alta d’Europa con i suoi 360 m di
altezza. Allora un ice
trail
che, viste le temperature rigide che si sono portati dietro gli
ultimi giorni dell’anno, complice anche la latitudine della zona,
l’inversione termica di queste valli molto strette e la neve già
in via di trasformazione, previsto o non previsto, voluto o non
voluto, era praticamente impossibile aspettarsi un trail
tradizionale. Quindi, questo mix prettamente invernale ha
caratterizzato la corsa rendendola del tutto atipica e stravolgendone
di conseguenza quello che avrebbe dovuto essere un più corretto e
regolare svolgimento della stessa. Ma nessuno dei quasi 200
partecipanti ha battuto ciglio sul fatto di dover percorrere sentieri
e carrarecce completamente gelati e dove non lo fossero, ci hanno
pensato i primi passaggi a compattare la neve e a trasformare una
semplice traccia in una pista da slittino. La Slovenia è un paese
alpino e la gente che corre in montagna è principalmente gente di
montagna quindi abituata a qualsiasi mutazione di condizione
meteorologica e di terreno, figurarsi se …un po’ di ghiaccio sul
percorso avrebbe potuto impensierire un runner
o trailer
che sia, accanito come lo sloveno. 2 le tipologie di gara
proposte una da 16 km con dsl + di 832m e l’altra di 46 km
con dsl + di 2.267 m. Ah dimenticavo, questa manifestazione sportiva
è stata denominata “ 1° NOVOLETNI KNAP TRAIL “ dove novoletni
sta
per Anno Nuovo, knap
sarebbe minatore, forse minatore novellino, ma nel dialetto o gergo
locali ( e non poteva essere diversamente ) e trail
sappiamo tutti di cosa si tratta.
“
IL
TRAIL CON L’ANIMA “
Sono
qui per constatare di persona se, come recita la locandina di
presentazione “ …KNAP TRAIL JE TRAIL Z DUŠO… “ ( …il Trail
dei Minatori è il trail con l’anima…) , questo è veramente un
trail
con l’anima o è semplicemente la presunzione, magari solo per
scaramanzia, della prima volta. Domenica 3 gennaio mattina, ritrovo
presso
uno dei centinaia Lovski
Dom (
Casa di Caccia ), in questo caso quello di Podmeja,
che costellano i boschi della Slovenia, è una tradizione. Prima
partiranno i Forhajer
(
mastri minatori ) per la 46 K e un’ora dopo i Zajbrus
(
minatori semplici ) per la 16 K , tanto per rimanere nel clima e
nello spirito minerario di cui è pervaso questo luogo e per cui è
anche stato creato qui questo trail.
Lo start viene dato alle 8.00 in piena faggeta e già praticamente
incanalati
su un sentiero con almeno 70 cm di neve pesta. Il via è dato dal
Direttore di Corsa allo stridio di una tromba da barca e/o da stadio,
i primi 20 forse 30 concorrenti con veemenza si lanciano nella corsa
, gli altri segnano già il passo; più avanti quando ognuno avrà
preso il proprio ritmo e le posizioni si saranno per così dire
consolidate, o si rimarrà da soli coi propri pensieri o gli sguardi
che si incontreranno saranno, per alcune ore, sempre quelli di chi,
come te, ha deciso di passare una bella giornata godendosi il
paesaggio e questa controversa natura. La temperatura è intorno allo
zero e rimarrà, grado più grado meno, inalterata per tutta
la mattinata anche perché il cielo plumbeo non da alcuna chance
a possibili
infiltrazioni solari nonostante alle forcelle arrivi qualche folata
gelida da nord-est. La quota di partenza è di 724 m, adesso si
sale, bisognerà arrivare al massimo a 1190 m ma fra le 2 quote ci
sono almeno 30 km da percorrere e in questa distanza intermedia è
compresa anche la quota più bassa di 310 metri da raggiungere
proprio nel fondo valle, a Trbovlje , pertanto i saliscendi da
affrontare saranno molteplici, non può essere che così. Una volta
usciti dal bosco e piano piano arrivati in cresta i panorami
cominciano ad aprirsi sulle vallate, quella che guarda a nord e
l’altra a sud dove di lì a poco ci si dovrà calare. Lo sguardo
alla traccia da seguire non ammetterebbe distrazioni pena repentine
cadute ma è d’obbligo una fugace occhiata, ogni tanto, alla
bellezza invernale che il bianco della neve e il nero di tutto il
resto fanno risaltare mettendo in chiara evidenza l’orografia
dei rilievi circostanti. Stiamo tagliando una serie di colli prima
del divallamento e dalla parte opposta altre alture imbiancate e dai
nomi impossibili per uno straniero, saranno solcate dagli odierni
pesanti passi dei quasi 200 partecipanti. Ma intanto si è già
consapevoli delle difficoltà che si incontreranno lungo tutto il
congelato percorso, molti usano le scarpe chiodate, altri, dei
pratici ramponcini per la corsa che vengono momentaneamente tolti nei
tratti di percorrenza asfaltata, saltuari ma necessari collegamenti
fra sentiero e carrareccia e viceversa. Proprio le carrarecce, almeno
quelle che si presentano per la discesa e dove solitamente si innesta
il turbo, nascondono questa volta le maggiori insidie, qui non c’è
neve ma vetrato allo stato puro, impossibile scendere con la sola
scarpa da trail,
a meno che non si vada a cercare il morbido ai lati. A causa di
questo gelicidio stradale si possono assistere, fortunatamente in
sparuti casi , a veri e propri numeri da circo da parte di
improbabili acrobati. Nonostante la massima attenzione da porre per
non cadere rovinosamente, si ha il tempo di cogliere e apprezzare,
oltre alle cristallizzate bellezze naturalistiche anche quelle
architettoniche offerte via via da una cascina con cortile e razzolio
di galline, una chiesetta alpina dove qualcuno ha tempo per un’
estemporaneo scampanio, un Rifugio di montagna col gestore all’uscio
per un graditissimo planinski
caj
( te alpino ), un’ edicola votiva dove forse qualche trailer
ha lasciato pure una personale preghiera, qualche kozolec
( tipico fienile della cultura contadina slovena ) isolato con
l’ultimo fieno ormai sgualcito. I ristori ufficiali, ce ne saranno
anche degli improvvisati grazie alla cordialità dei locali, saranno
5 alla fine e tutti adeguatamente forniti e ampiamente sfruttati
dalla maggior parte dei corridori che approfittano per rifocillarsi
ma anche per tirare il fiato, infatti la maggior parte di essi non si
porta appresso alcunché di viveri, nello zainetto minimalista
soltanto le 3 cose obbligatorie richieste: il telo termico, la
lampada frontale e il cellulare, per tutto il resto, abbigliamento
compreso, vale il buon senso e la discrezione personale dell’atleta,
tanto per dire una, c’era chi correva con la sola t-shirt rispetto
ad altri iper imbottiti di maglie più o meno tecniche. Bianco-rosso,
bianco-rosso e così avanti, ma solo ogni cento metri il nastro
svolazzante ti dava la sicurezza della continuità e nonostante ciò,
in qualche punto si è fatta avanti l’ombra del dubbio; forse
qualcuno ha sbagliato davvero percorso. Può essere accaduto
quando, per un lungo tratto, le 2 corse sono diventate promiscue; è
incominciato al terzo ristoro, con giustificata sovrabbondante
esposizione di generi alimentari e con un insolito numero di
sostanti, andando avanti anche i gruppetti si sono rimpolpati di
concorrenti ma eclatante era il fatto della gente che superava a 100
all’ora, che, oltre al colore del pettorale, verde anziché rosso,
a differenziare questi atleti c’erano anche una ventina di km in
meno nelle gambe. Questo succede fino alle frecce liberatorie, a
sinistra svolta il corto, per il rientro e a destra se ne va il
lungo, per il prosieguo, e intanto altri chilometri se ne sono andati
con l’impegno immediato di non lasciarsi travolgere dall’apatia e
quello spostato in avanti di arrivare prima possibile, pur sempre di
tenzone si tratta, che tu combatta per il podio o per finire la
corsa, per essere il più veloce di tutti o per rimanere al di sotto
di una certa ora. Mentre sbuffando, stringendo i denti e piegandoti
sulle ginocchia tu ancora sali verso il punto più alto, c’è gente
con zaino, ramponi e boria da escursionista che ne discende, anche
uno scialpinista è lì in cerca della traiettoria migliore per
abbandonare la cima e godersi se possibile la discesa. Salita,
discesa, traverso, discesa, salita, salita, discesa, traverso,
salita, dai, dai, dai…e ancora dai. Ed ecco che si cominciano ad
incontrare, provenienti dalla direzione opposta alla tua, coppiette
mano nella mano o avvinghiati, che devi interrompere tu la corsa
piuttosto che loro l’appassionato bacio; e poi famigliole con cane
appresso che come ti vede arrivare di corsa non sa se abbaiarti o
mettersi a ridere; poi sei tu a metterti quantomeno a sorridere
quando incroci il giovane papà obeso, paonazzo e col fiatone mentre
scarrozza suo figlio sul solito bob rosso Ferrari mentre la
mamma/moglie, obesa pure lei strilla loro di spostarsi al più
presto, figurarsi; c’è un tratto di asfalto e automobili ferme ai
lati o stanno per ripartire o sono ferme o si muovono, non aspettarti
l’occhio di riguardo, abbilo tu che è più sicuro. L’isolamento
è finito da un pezzo e questi sono segni ineluttabili della
ritrovata civiltà quindi dell’imminente arrivo ma anche di una
verve
ritrovata. Non hai GPS non sai e non vuoi sapere dove ti trovi,
quanta strada hai fatto e quanto ti manca da percorrere, soltanto il
tuo Swatch
da passeggio con l’ora presta ti dice che stai andando alla grande
o almeno a te sembra che sia così. Sì, sì, sta finendo, senti lo
speaker ma in questo momento il bosco fitto ti nega la visuale che
vorresti vedere ma subito dopo, fra le fronde, i colori vivaci di
alcuni stendardi sponsorizzanti ti fanno accelerare, vorresti fare
anche uno sprint, bello per il tuo cuore, bello per la tua anima che
entrambi ti hanno sorretto in tutte queste ore. Il tuo rush
finale si annulla e si spegne al termine del sentiero e dritto dritto
nel parcheggio proprio a fianco del Lovski
Dom,
quello del mattino, dove adesso non c’è nessuno ad aspettarti ma
per fortuna c’è ancora la tua automobile, non c’è né uno
striscione né un arco gonfiabile e sempre nessuno a glorificare la
tua prestazione. Ma… ecco, un tavolino, un
PC, 2 persone, un click, un foglio A4 appiccicato con su scritto a
pennarello CILJ ! Ah meno male: ARRIVO! Sorriso. E poi a seguire le
solite cose, il ristoro, la birra da consumare, ( chissà perché è
sempre così agognata ) qualcosa da mangiare, vestiti asciutti, un
altro sorriso, questa volta più ampio, un paio di amici, la
felicità, quattro chiacchiere, la seconda birra ( chissà perché è
sempre così gradita ), dopo le premiazioni quasi tutti se ne sono
andati, altri concorrenti continuano ad arrivare, ormai siamo
rimasti in pochi e alla fine, anche una delusione: il percorso era
stato accorciato di 6 km, eliso nella sua salita finale a causa della
troppa neve, rischioso e pericoloso perché il sentiero si affacciava
su uno strapiombo, ma anche questo fa parte del gioco, peccato non
aver compreso la comunicazione nel briefing
prima della partenza, ma anche questo, specie se ti trovi in
Slovenia, fa parte del gioco.
“
NOI
FACCIAMO COSI’ “
Polona
Deželak, coordinatrice della corsa è una giovane mamma runner ma
nonostante questo suo grossissimo impegno famigliare dà anima e
corpo e tempo libero alla sua passione: è infatti la Presidentessa
della società organizzatrice di questa prima edizione del Novoletni
Knap Trail. Faccio la sua conoscenza venerdì sera mentre è intenta
a preparare i pacchi gara in uno dei locali del Lovski Dom; è una
persona cordiale e subito disponibile nonostante l’impegno degli
ultimi preparativi e la seccatura che gli sto portando. Sabato
mattina dirima le ultime pratiche e risolve tutti i problemi di quei
trailers che si incasinano sempre prima di ogni partenza. Più tardi
sarà lei col suo tablet a spuntare i vari passaggi al secondo dei
tre controlli. E alla fine di tutto sarà ancora disponibile e lucida
per rispondere ad alcune domande, più o meno scontate, ma le cui
risposte danno il senso di quanto abbia le idee molto chiare sul
significato di trail e organizzazione.
Avevate
già organizzato altre gare outdoor
prima di questa?
No. Abbiamo lavorato come volontari l'anno scorso nella Valamar Trail in Croazia e abbiamo concluso molti percorsi di trail run in giro per l'Europa. Non avevamo mai organizzato un nostro trail. Posti dove far pratica ce ne sono ovunque in Slovenia quindi conosciamo quasi tutte le bellezze della natura e abbiamo deciso di mostrarle ai corridori e alle altre persone.
No. Abbiamo lavorato come volontari l'anno scorso nella Valamar Trail in Croazia e abbiamo concluso molti percorsi di trail run in giro per l'Europa. Non avevamo mai organizzato un nostro trail. Posti dove far pratica ce ne sono ovunque in Slovenia quindi conosciamo quasi tutte le bellezze della natura e abbiamo deciso di mostrarle ai corridori e alle altre persone.
Allora
dimmi com’è andata la…prima… esperienza da organizzatori?
Non è stato facile. Abbiamo avuto molti problemi di logistica ma adesso siamo felici di avercela fatta. Abbiamo imparato molto e la prossima volta sapremo come migliorare. Per questo siamo felici che i partecipanti siano rimasti soddisfatti e ci diano dei feedback positivi.
Non è stato facile. Abbiamo avuto molti problemi di logistica ma adesso siamo felici di avercela fatta. Abbiamo imparato molto e la prossima volta sapremo come migliorare. Per questo siamo felici che i partecipanti siano rimasti soddisfatti e ci diano dei feedback positivi.
Cosa
avete voluto dire agli atleti proponendo questo winter
trail
e quali erano secondo te i motivi principali per cui uno avrebbe
dovuto partecipare a questo
trail?
Ci sono diversi motivi, essenzialmente volevamo far divertire i partecipanti e far apprezzare loro il percorso, specialmente per i bellissimi panorami con le montagne. Secondo me il Knap Trail è un trail pieno d'anima, potevano esser viste le tradizioni della cultura del territorio del Zasavje e le bellissime foreste e colline della Slovenia. I tratti più interessanti erano le colline Mrzlica e Čemšeniška in quanto rappresentavano la parte più impegnativa e panoramica della corsa. e da lì ci sono degli scorci davvero belli. Alla fine non siamo riusciti a vedere la Čemšeniška. Vogliamo mostrare molto di più, per questo faremo dei piccoli cambiamenti di volta in volta. Grazie all'anima del percorso i partecipanti sono riusciti a sentire l'energia positiva e hanno apprezzato tutto questo.
Ci sono diversi motivi, essenzialmente volevamo far divertire i partecipanti e far apprezzare loro il percorso, specialmente per i bellissimi panorami con le montagne. Secondo me il Knap Trail è un trail pieno d'anima, potevano esser viste le tradizioni della cultura del territorio del Zasavje e le bellissime foreste e colline della Slovenia. I tratti più interessanti erano le colline Mrzlica e Čemšeniška in quanto rappresentavano la parte più impegnativa e panoramica della corsa. e da lì ci sono degli scorci davvero belli. Alla fine non siamo riusciti a vedere la Čemšeniška. Vogliamo mostrare molto di più, per questo faremo dei piccoli cambiamenti di volta in volta. Grazie all'anima del percorso i partecipanti sono riusciti a sentire l'energia positiva e hanno apprezzato tutto questo.
Ho
saputo appena all’arrivo che la gara era stata accorciata per
motivi di sicurezza. Puoi spiegarmi meglio cosa è successo? Anche il percorso di 16 km ha subito
modifiche?
I nostri ragazzi sono andati a segnare il percorso ieri mattina e, tornando alla collina Čemšeniška , hanno visto che c’era troppa neve non consolidata, poteva far scivolare i partecipanti e lì ci sono dei punti esposti; abbiamo cambiato all'ultimo minuto. Questo ha reso il percorso più breve ma pensiamo sia stato comunque molto difficile proprio a causa del terreno. Per il prossimo anno abbiamo pensato ad altre colline se si presenterà un altro problema come questo. Non vale la pena di rischiare. Il percorso più breve non è stato modificato.
I nostri ragazzi sono andati a segnare il percorso ieri mattina e, tornando alla collina Čemšeniška , hanno visto che c’era troppa neve non consolidata, poteva far scivolare i partecipanti e lì ci sono dei punti esposti; abbiamo cambiato all'ultimo minuto. Questo ha reso il percorso più breve ma pensiamo sia stato comunque molto difficile proprio a causa del terreno. Per il prossimo anno abbiamo pensato ad altre colline se si presenterà un altro problema come questo. Non vale la pena di rischiare. Il percorso più breve non è stato modificato.
La
società di cui sei Presidente è di Lubiana, perché organizzare un
trail
proprio qui a Trbovlje piuttosto che in un'altra zona più
vicina?
Abbiamo scelto di venire qui perché questa parte della Slovenia non è molto conosciuta ma ci sono tante cose da vedere; per il futuro organizzeremo altre gare in altre posti.
Abbiamo scelto di venire qui perché questa parte della Slovenia non è molto conosciuta ma ci sono tante cose da vedere; per il futuro organizzeremo altre gare in altre posti.
Cosa
significava per voi organizzare questa corsa ? Era una prova per la
100 miglia di settembre o quella gara sarà gestita da un altro
comitato?
Stiamo prendendo in considerazione altre 5 corse, una era il Knap Trail che faremo tradizionalmente, l'altra sarà la SLO 100 km e la SLO 100 miglia. Le altre le organizzeremo per l'anno prossimo in quanto c'è troppo lavoro da fare. Il Knap Trail non dipende dalla SLO100 ma di sicuro è stato utile per noi vedere gli sbagli più comuni che vengono fatti organizzando le corse; sarà più facile organizzare la SLO100 in quanto molto del lavoro sarà simile a quello fatto per il Knap Trail.
Stiamo prendendo in considerazione altre 5 corse, una era il Knap Trail che faremo tradizionalmente, l'altra sarà la SLO 100 km e la SLO 100 miglia. Le altre le organizzeremo per l'anno prossimo in quanto c'è troppo lavoro da fare. Il Knap Trail non dipende dalla SLO100 ma di sicuro è stato utile per noi vedere gli sbagli più comuni che vengono fatti organizzando le corse; sarà più facile organizzare la SLO100 in quanto molto del lavoro sarà simile a quello fatto per il Knap Trail.
Quest’anno
dopo il Knap
Trail,
gara di apertura, nel mese di maggio anche Vipava farà la sua 100
km, a giugno Podbrdo organizza assieme al GM4O anche un ultra
trail
di 130 km, poi a settembre la 100 Slotrail, cosa pensi di questa
improvvisa corsa all’organizzazione di gare ultra?
La Slovenia è uno Stato piccolo e non ci sono molti organizzatori di corse; ci aiutiamo se necessario e siamo in contatto riguardo le date delle corse.
La Slovenia è uno Stato piccolo e non ci sono molti organizzatori di corse; ci aiutiamo se necessario e siamo in contatto riguardo le date delle corse.
Anche
in Slovenia è diventato di moda, come un po’ dappertutto nel mondo
( e allora si vuole copiare ?), o è una logica conseguenza che
dopo le tante corse in montagna
( su distanze brevi o vertical ) che si svolgono in tutte le
regioni della Slovenia nel corso dell’anno si passi a distanze più
lunghe?
Qui ci sono molti corridori che fanno tutte le gare per mantenere uno stile di vita attivo o grazie ad altri amici runners. Si sente spesso dire però che, in quanto non ci sono molte gare in Slovenia, devono spendere molti soldi per andare all'estero e quindi questo aumento di gare significherà molto per i corridori sloveni. Siamo in contatto con gli organizzatori della 100miglia in Istria ed entrambi vogliamo invitare corridori da tutto il mondo per mostrare loro i nostri bellissimi paesi. Penso che sia di moda ora e che sia uno strumento ottimo per mostrare alle persone la bellezza dei luoghi e delle culture non conosciute, per ricordare alle persone quanto bello sia il nostro ambiente e come si possa vivere bene.
Qui ci sono molti corridori che fanno tutte le gare per mantenere uno stile di vita attivo o grazie ad altri amici runners. Si sente spesso dire però che, in quanto non ci sono molte gare in Slovenia, devono spendere molti soldi per andare all'estero e quindi questo aumento di gare significherà molto per i corridori sloveni. Siamo in contatto con gli organizzatori della 100miglia in Istria ed entrambi vogliamo invitare corridori da tutto il mondo per mostrare loro i nostri bellissimi paesi. Penso che sia di moda ora e che sia uno strumento ottimo per mostrare alle persone la bellezza dei luoghi e delle culture non conosciute, per ricordare alle persone quanto bello sia il nostro ambiente e come si possa vivere bene.
Considerando
che anche la vicina Istria propone da aprile a settembre già 5 ultra
trail
( so che ce ne saranno altre ) non c’è il rischio di
sovrapposizione delle date con conseguente dispersione di
partecipanti? O è più importante e sufficiente, secondo te, che si
organizzi qualcosa indipendentemente dal numero dei partecipanti?
Penso che molte persone si godono le corse non pensandole come a delle gare; ci sono molti qui in Slovenia e in Istria che fanno le gare per vedere i panorami, conoscere gente nuova e passare dei bei momenti quindi non ho paura di “perdere” partecipanti. Comunque in queste grandi corse c'è un limite di partecipanti quindi non tutti possono iscriversi. Penso che le gare migliori resteranno sul calendario e quindi dovremo lavorare sodo.
Penso che molte persone si godono le corse non pensandole come a delle gare; ci sono molti qui in Slovenia e in Istria che fanno le gare per vedere i panorami, conoscere gente nuova e passare dei bei momenti quindi non ho paura di “perdere” partecipanti. Comunque in queste grandi corse c'è un limite di partecipanti quindi non tutti possono iscriversi. Penso che le gare migliori resteranno sul calendario e quindi dovremo lavorare sodo.
Secondo
te, il periodo e la data, quindi le condizioni meteo e del percorso (
come abbiamo visto,difficili ) quanto possono condizionare o
meno la decisione di partecipare a questo tipo di
gara?
Avevamo scelto la data per la prima gara della stagione per i runners che amano allenarsi in inverno e che amano le montagne e che di solito non hanno molte opzioni. Non volevamo complicare troppo le cose per via dell'ultimo dell'anno e volevamo solo che la gente venisse a passare dei bei momenti anche nel periodo invernale. Non abbiamo pensato che le condizioni atmosferiche potessero condizionare troppo i partecipanti. I trail runners amano tutte le condizioni atmosferiche e penso che riguardo a questo abbiamo avuto ragione.
Avevamo scelto la data per la prima gara della stagione per i runners che amano allenarsi in inverno e che amano le montagne e che di solito non hanno molte opzioni. Non volevamo complicare troppo le cose per via dell'ultimo dell'anno e volevamo solo che la gente venisse a passare dei bei momenti anche nel periodo invernale. Non abbiamo pensato che le condizioni atmosferiche potessero condizionare troppo i partecipanti. I trail runners amano tutte le condizioni atmosferiche e penso che riguardo a questo abbiamo avuto ragione.
Per
finire, siete soddisfatti di come si è conclusa la 1^ edizione del
NKT, i numeri che avete fatto erano quelli previsti o speravate in
qualcosa di più?
Ci aspettavamo metà delle persone. Questa è stata una grande soddisfazione ma avere molti nuovi partecipanti il giorno stesso della gara rispetto alle pre-iscrizioni on line ha reso molto difficile l'organizzazione sul posto. Alla fine siamo stati molto felici di sapere che i partecipanti erano soddisfatti e di vederli sorridere a fine gara. Ci ha dato una grande voglia e motivazione di fare di più e meglio.
Ci aspettavamo metà delle persone. Questa è stata una grande soddisfazione ma avere molti nuovi partecipanti il giorno stesso della gara rispetto alle pre-iscrizioni on line ha reso molto difficile l'organizzazione sul posto. Alla fine siamo stati molto felici di sapere che i partecipanti erano soddisfatti e di vederli sorridere a fine gara. Ci ha dato una grande voglia e motivazione di fare di più e meglio.
Allora
…nasvidenje…
al prossimo
anno?
Ah, ah…spero proprio di sì, mi farebbe molto piacere, nasvidenje.
Ah, ah…spero proprio di sì, mi farebbe molto piacere, nasvidenje.
Articoli
e intervista inseriti nello speciale FRONTIERA D’ORIENTE
del Trail Running Magazine SPIRITO TRAIL
( n° 74 - marzo 2015) )
Il
primo pensiero è andato ma è stato facile perché era già tutto
pronto per la copia, non aggiungo altro se non che a questa
esperienza prettamente invernale è seguito un lungo periodo di stasi
mentale il quale mi ha portato a mettere in discussione tutto il
prosieguo non solo dell’attività ma della mia esistenza di
trailer.
Crisi? Appagamento? Soltanto un periodo di stanca? Sicuramente anche
problemi altri che minavano, magari inconsciamente, la passione per
la corsa in natura oppure oramai il maleficio del jazo
soto el cul
era partito e io ne ero coinvolto malgrado tutto . Fatto sta che 14
giorni dopo partecipo alla LANARO GRANFONDO con la Mountain Bike
piuttosto che da podista, per cercare un ‘immediata inversione di
rotta che ovviamente non ci sarà, me lo fanno capire in
maniera indefettibile i crampi all’inizio dell’erta finale che mi
costringono a scendere dalla bici per raddrizzare i muscoli
attorcigliati in maniera inverosimile. La rassegnazione prende ben
presto il sopravvento ma almeno con quella constatazione riesco a
sopperire all’incazzatura che inevitabilmente mi prende e mi
sconforta e mi abbatte e mi affligge. Ma questo è anche un segno
della mia comune mortalità e facendo bagaglio di ciò proseguo nel
mio cammino. Quest’anno è andato, per così dire, in scena IL
FRIULI VENEZIA GIULIA TRAIL RUNNING TOUR, niente di speciale se non
una semplice proposta, un’idea , un intento comune, una
collaborazione fra alcune società organizzatrici di corse in
montagna per dare massima visibilità e informazione, divulgando una
sorta di brochure
calendario, delle 22 gare organizzate dalle stesse società. Per me è
stato un vero onore ma soprattutto un piacere da amico dare il mio
modesto contributo alla presentazione di questa iniziativa che verrà
replicata anche per il 2016. La brochure
ne riporta una parte, quella più essenziale, il testo completo si
trova, quasi nascosto, sul sito ufficiale del FVG-TRT nella sezione
about
ma da adesso in poi anche fra queste righe. Si tratta del mio
pensiero, per quanto possa essere importante, della mia visione alla
realizzazione di questo “ viaggio “ podistico sui monti della
nostra regione e alla mia idea di percorso spirituale a cui lo stesso
può portare.
FRIULI
VENEZIA GIULIA
TRAIL
RUNNING TOUR 2015
PRESENTAZIONE
«
Per coglierne le tinte o il tratto gentile, le sfumature o l’essenza
della pennellata, magari lo stile o addirittura la genialità
dell’autore, per soppesarne il valore reale o quello che noi
vogliamo assegnarli, insomma per capire l’unicità di un qualsiasi
quadro, dobbiamo allontanarci da esso e, mentre il nostro sguardo
seguirà traiettorie dettate dal cuore, nessuna cornice potrà
trattenere l’emozione che saprà suscitare la bellezza pura di
quell’opera. Ogni buon mattino mi è proprio per godermi …la
bellezza pura di quell’opera, di quel quadro di montagna che un
lembo di Adriatico mare vorrebbe trattenere. Se d’inverno un refolo
di bora scosta la chioma sbarazzina del firmamento mentre il sole
viene su dall’est è dalla parte opposta che algide appaiono le
cime; nere d’estate quando è ponente a dominare il mare
insanguinato. Quale emozione, quale tentazione, la fuga mi appartiene
e sgattaiolo verso il bianco calcare: e il Carso è già un primo
sospiro. Lo sguardo si allarga e prosegue la sua rincorsa spostando
dolcemente le quinte del Collio e oltre, quelle delle Prealpi e
fin su le Giulie, oh amati monti di kugyana memoria per una fugace
carezza e un abbraccio infinito. A volo d’aquila intraprendo la via
delle Carniche, da sempre aspre e selvagge, per un silente incontro
spirituale prima dell’ultimo bacio a quel lembo di Dolomiti e un
saluto al digradare dei nostri appicchi. L’innato estro artistico
della natura ha scolpito e incorniciato, stavolta sì, la forza e la
rara bellezza di questi luoghi che io mi appresto ad accarezzare con
passo diverso , raramente sfrontato, non appena il primo fiore
di primavera mi avrà portato il saluto di questo splendido
spettacolo. Forse anche per questo, ogni buon mattino, rubando
l'anima del poeta ….. “
M’ILLUMINOD’IMMENSO “
Talvolta
si è troppo modesti e spesso si vuole strafare , quasi mai le cose
che vediamo ci appaiono come sono in realtà fintanto che non
entriamo a far parte di esse. 22 idee, 22 proposte, 22 inviti, 22
dediche da fare a noi stessi e alla comune passione, la corsa in
montagna, il trail, per riavvicinarci ed entrare a far parte di
quel quadro che sin da bambini ci aveva ammaliato e dal quale ci
eravamo momentaneamente distaccati. Senza fretta però, possiamo
anche scegliere o decidere ma da marzo a novembre, tutta la natura
più bella del Friuli Venezia Giulia, dal mare alle montagne, sarà
letteralmente…ai nostri piedi.
Presentazione
del Friuli Venezia Giulia Trail Running Tour 2015 apparsa sulla
brochure e sul sito ufficiale : www.fvg-trt.it
2015:
di corsa ( o quasi )
1,2,3,...8,9,10,...13,14,15,…e
20 !
Spero non sia un marchio registrato l’ “ e20…”
dell’amico Ivan, non vorrei incorrere in qualche sanzione per
l’utilizzo del …Suo marchio, in realtà volevo… rimarcare il
fatto che alla fine di tutto 20 sono state le competizioni alle quali
non ho potuto sottrarmi, per non dire esplicitamente…ho
partecipato, di cui ben 9 primizie per il mio palato che non ho
ancora capito se sopraffino o piuttosto grezzo al recepire un certo
tipo di tenzone.
Dirò
qui non certo di ognuna ma specialmente della…
…Più
sofferta…
come la gara corta alla 100UTVV, allo start con in corpo ancora i
postumi di una rarissima influenza; non in quanto forma sconosciuta (
era semplicemente intestinale ) ma rarissima in quanto da
parecchi anni non venivo colpito dal virus. Non so se era forte o
meno ma so che mi ha prosciugato quasi tutte le energie e quelle
poche rimaste le ho disperse lungo i soli 25 km che da Gradišče
pri Vipavi
portavano alla Lovska
Koča,
alla dorsale del Nanos,
all’Abram,
al Platz
e poi giù di nuovo a Gradišče
pri Vipavi.
Non volevo mancare su queste terre arcinote e arcifrequentate ogni
anno in molteplici occasioni, anche da semplice escursionista, era un
po’ come essere a casa per una gran bella festa, con intorno a me
tanta gente che correva e con indosso un pettorale e un microchip. In
parte anch’io facevo…parte di questa schiera di amici in casa
soltanto che il mio andare non era proprio quello di una corsa ma un
più credibile trascinarsi per arrivare in fondo e stavolta non era
certo una scusa per rimanere il più possibile a godere i panorami e
lo splendore della giornata primaverile. Il desiderio di vedere la
discesa finale per certificare un qualche recupero si è trasformato
in ulteriore rimpianto nei confronti di una quantomeno buona salute
persasi da qualche parte forse già in passate stagioni e dove la mia
solitamente boriosa interpretazione del discesista ha invece rivelato
la mia totale assenza dando il colpo di grazia al mio fisico e
soprattutto al mio spirito.
…Più
sofferta…sì
lo già detto prima ma fra le due non so quale mettere sul
gradino più alto, tanto vale accomunarle. E sì che questa era nata
sotto buoni auspici. Un noto marchio commerciale per articoli
sportivi proponeva un semplice e soprattutto gratuito concorso con in
palio soggiorno e pettorale ad alcune corse dove tu sceglievi la tua
preferita e scrivevi agli organizzatori anzi rispondevi alla domanda
degli organizzatori che era : “ Vorrei vincere un pettorale
perché…” . Fra le proposte la scelta cadeva sulla 3^ edizione
della Mezza Maratona Alpe di Siusi, una vera prelibatezza per
intenditori di montagna. Senza troppe velleità e senza sciorinare
come il mio solito versi roboanti ed esaltanti lo spirito di libertà
che la corsa in natura regala ai suoi appassionati ho risposto alla
domanda dicendo semplicemente delle cose ruffiane quanto volete ma,
ahimè , tremendamente vere. “ Vorrei
vincere un pettorale perché… ...altrimenti dovrei pagare 30,00 €!
Banale? Cosa vuoi che siano 30,00 €? In questo momento, con la
figlia all'Università,il figlio che fa il corso per Aspirante Guida
Alpina,ma soprattutto con la moglie in mobilità e il sottoscritto in
solidarietà, potere in qualche modo dare sfogo alla propria
passione, la corsa in montagna, partecipando lo stesso a una
competizione risparmiando qualcosa, sarebbe già un semplice ma
significativo gesto da intendersi come una piccola speranza : che nel
2015 le cose comincino a cambiare. In meglio ovviamente .” Cavolo!
Mi hanno premiato. Diciamola tutta, devo aver fatto veramente
tanta pena alla giuria. O forse no, hanno capito che veramente per me
sarebbe stato un piacere poter correre al cospetto di splendide
montagne quali il Sassolungo , lo Sciliar, il Catinaccio il
Sassopiatto e quant’altro di godibile c’è ruotando lo sguardo a
360° dalla linea dello start a Compatsch
e per tutti i 21 km della mezza maratona. Più sofferta? Siamo al 5
luglio con ormai diversi km nelle gambe frutto di allenamenti e corse
per lo più impegnative ma qualcosa non funziona fino dalla partenza,
non è possibile che appena dopo un km mi prenda un indescrivibile
sconforto seguito da un irrefrenabile desiderio di abbandonare.
Pazzesco, questa sensazione è del tutto nuova, non me ne do pace.
Una giornata così splendida, con sole, cielo terso, temperatura
quassù gradevolissima contrariamente ai 30 e passa gradi della
pianura, una location inimmaginabile per una corsa outdoor
, una bella compagnia di runners,
le premesse per una goduria completa ci sono tutte, ma qualcosa non
gira ( palle a parte! ) , qualcosa sta succedendo; decido, ovvero
sono costretto a farlo, di rallentare il mio passo fino a camminare
sulla prima salita, fino a desiderare la prima discesa per riprendere
fiato, forze, energia o chissà cosa. Il fiato, sì è proprio quello
che è in difficoltà e toglie forze a tutto il mio apparato motorio.
Allora mi rendo conto che sto correndo a quasi 2000 m di quota e
nonostante il mio allenamento, fatto di sali e di scendi continui, a
varie quote e per vari dislivelli, non è sufficiente a
incanalare la mia corsa odierna verso un passo e un ritmo quantomeno
regolari. Non sto qui a narrare del dispiacere che mi sono tirato su
lungo tutta la bellezza di questo percorso ma se caso mai dovessi
ritornarci so che dovrò comportarmi più da alpinista che da
podista prevedendo un periodo di acclimatamento a queste quote.
Ma sono proprio certo che questo raziocinio porterebbe ad un
risultato diverso? Gli altri e oltre 500 partecipanti hanno
forse perseguito questo tipo di preparazione per arrivare qui e
partecipare tranquilli e beati senza tanto soffrire? Non è forse che
la storia si ripete e sono io che lascio qualcosa alla mia
affidabilità fisica? Continuo a non capire e, quel che è peggio, a
continuare questa auto flagellazione inutile. Ma, lo spettacolo deve
continuare…almeno così mi viene da pensare.
…Più
sofferta…lo
già detto? …e ripetuto? Anche le divertenti e corte gare in
Slovenia, quelle del Primorski
Gorski Teki
solitamente, alle quali partecipo, mi riservano qualche sofferenza di
troppo, un vero peccato perché essere presenti a queste feste di
paese equivale sempre a un piacevole momento di vero e proprio svago
dove la corsa passa in secondo piano. C’è sempre un gruppetto di
triestini alla partenza, arrivati qui alla spicciolata, ma che alla
fine si ritrovano quasi sempre allo stesso tavolo a brindare con in
mano la immancabile laško
pivo e
commentare le proprie prestazioni sempre con toni di malcelata
modestia. Intorno, l’ambiente quasi sempre rupestre o rurale fatto
di prati, boschi, fattorie, animali da cortile, contadini, rende
l’atmosfera alquanto rilassante resa però euforica
soprattutto dai frizzi e lazzi dei convitati. E’ così a Zadlog,
a Kamnje,
a Gradišče,
a Povir,
sul Čaven
e addirittura sulla Šmarna
Gora
seppur qui si respiri l’aria cittadina che sale dalla sottostante
Lubiana ma anche quell’aria d’elite vista l’importanza che
assume questa storica corsa ormai facente parte di un circuito
mondiale di corsa in montagna alla quale partecipano veramente i
migliori specialisti di tutto il mondo e un
fora
de testa
di Muggia. Per fortuna che nel trail
ci sono anche piccole cose come queste, correre assieme a un
campione del mondo, lui in testa dall’inizio alla fine e tu lottare
fino allo spasimo per non voler essere proprio l’ultimo o quasi.
Riconosco grande significato al gesto sportivo di una stretta di mano
da chi ti ha appena superato 50 metri prima del traguardo,
rimontandoti in salita dopo che lo avevi superato tu scendendo a
mille la tecnicissima discesa e pensavi ormai di esserti
sufficientemente avvantaggiato. Ma non sempre e così e allora
bisogna accettare il verdetto perché la volta dopo, magari, sarai tu
ad andare da lui a stringergli la mano. Questo è sano agonismo. E
questo ti fa dimenticare quanto hai faticato quest’oggi, più dello
scorso anno e già speri che il prossimo sia meno improbo.
I
Vertical
Kilometer
o Chilometro
Verticale
a seconda dell’organizzazione, sono una specialità della corsa in
montagna che si sta espandendo, vuoi per l’ aspetto tecnico che
questa corsa esprime, che poi raramente si tratta di una corsa, quasi
sempre una camminata veloce, vuoi per il gesto atletico che essa
richiede, vuoi per l’impegno relativamente breve ma molto intenso,
vuoi per la carica di adrenalina che sprigiona questo tipo di
competizione, vuoi per la combattiva sportività dei partecipanti,
vuoi per l’emozione di concorrere a certi ritmi, vuoi per il terzo
tempo sempre di simpatia e amicizia, vuoi per altre cose che
inevitabilmente sfuggono a chi ci da del matto, fatto sta che forse è
il tipo di gara, sì mi sbilancio dicendo gara ma è così, che forse
più mi piace, più mi prende e più mi soddisfa a livello mentale ma
anche come risposta fisica. E allora vado alla ricerca di queste
sparate da 1000 e più metri di dislivello per cercare l’ennesimo
confronto con me stesso. Confermando certe uscite dello scorso anno,
togliendone alcune e avventurandomi in nuove alla fine sono 5 le
tirate , 3 da 1000, 1 da quasi 1500 come l’Učka
Vertical Kilometer,
un must,
e la novità, agognata e finalmente realizzata del Grintovec,
1957 metri di dislivello puro tutti in una feroce rincorsa, per me,
al tempo limite e alla conquista di una cima come questa, la più
elevata delle Kamniske
Alpe,
fra le più ambite da qualsiasi escursionista che si rispetti. Il
tempo limite per entrare in classifica, 2 ore e 30 minuti! I tempi da
camminatore sono: dai 601 m di partenza di Kamniska
Bistrica,
3h 30’ al Kokorsko
Sedlo
dove c’è anche un Rifugio, la Cojzova
Koča,
a m 1793 e da qui ai 2558 metri della vetta ancora 2 ore,
totale 5 h 30’! Quanta importanza dovrei dare al fatto che sono
entrato in classifica anche se sono andato oltre il tempo limite per
2’ e 01 “? Nessuna! Sono felicissimo di aver fatto e concluso
questa salita pazzesca. Le premesse atmosferiche non erano certo
incoraggianti visto l’andamento piovoso della settimana appena
passata e di quella entrante, l’ultima di luglio, in cui l’estate
avrebbe dovuto esprimersi attraverso sole e temperature estive,
invece sembrava di essere alle soglie di un precoce inverno. Il meteo
dava comunque una pausa mattutina, quindi niente pioggia, ma cielo
coperto, aria appiccicaticcia per l’alto tasso di umidità e
temperatura alquanto fredda, soltanto 8° C alla partenza, ma niente
di tutto ciò poteva scoraggiare i partecipanti, avvezzi ai rigori
dell’inverno piuttosto che all’afa estiva. Allora via lungo la
strada forestale che termina alla stazione di partenza della
teleferica, già bruciati 500 m dove il gruppo inevitabilmente si
sfila e le posizioni si attestano fin dal basso. Il sentiero seguente
non darà tante possibilità per eventuali sorpassi, perché stretto
ma anche ripido abbastanza da non consentire scatti per eventuali
sortite. Pioviggina un po’ ma è piacevole e utile, serve per
lavare la fronte madida di sudore. Oramai ho individuato i miei
compagni di viaggio, vedo anche mio fratello che mi precede qualche
tornante più su. Siamo nel canalone che porta al Rifugio già in
vista. Qui un sostanzioso ma velocissimo ristoro e avanti perché mi
aspetta la parte più tecnica del percorso. Paradossalmente è anche
la più scorrevole, il sentiero si abbassa e si riesce anche a
correre per un po’ ma facendo molta attenzione, è proibito
scivolare, potrebbe …nuocere, anche definitivamente, alla salute.
Siamo avvolti dalle nuvole che negano qualsiasi tipo di scorcio
panoramico, peccato perché intorno deve essere splendido, lo
intuisco dal tipico paesaggio alpino che accompagna i miei ultimi
sforzi. Le balze finali sono quelle rocciose dell’alta montagna ,
brevi serpentine mi sospingono verso la vetta, atleti che scendono e
ti incoraggiano, bello! Per loro il pasta-party alla Cojzova
Koča
è già pronto. Intravedo il mio arco di trionfo, che bravi gli
organizzatori, l’hanno tirato su proprio sulla cima, ci passo sotto
ed è finita ma…soltanto la salita, per il momento. Sono in
canottiera ma quasi non sento il vento gelido che spira e porta a
spasso tutto questo nuvolo ma in un minuto sono già bel e ricambiato
e imbacuccato. Per un attimo ancora provo la piacevole sensazione del
rilassamento post gara ma la temperatura intorno allo 0 mi
riporta alla realtà ricordandomi che adesso devo scendere,
logicamente mi aspettano i 1957 m di dislivello da rifare a sguardo
in giù. Mio fratello ha problemi fisici di ogni sorta, resto con
lui, e con noi ci sarà sempre un addetto dell’Organizzazione, un
volontario del Soccorso Alpino Sloveno che segue l’evolversi della
nostra sofferta e lunga discesa. Anche per noi il pasta-party è
stato generoso e gradito, all’interno del Rifugio. Ma questa sosta
non è stata sufficiente a rimettere in sesto l’imberbe. Ancora
sofferenza per lui, almeno fino alla stazione della teleferica. Poi i
nostri…soccorritori ci accolgono su un’ automobile per un ( sigh
! ) inglorioso rientro, ma quando ci vuole, ci vuole. Ci soffermiamo
ancora davanti ad un sempre gradito bicchiere di birra mentre ci
consegnano il diploma di partecipazione, tutto molto casereccio e
genuino, quindi tutto molto sloveno e non ci meravigliamo. Le
premiazioni non sono per noi, comuni mortali, e allora ci defiliamo e
apprestiamo al rientro. In più di 30 anni di frequentazioni montane
come escursionista, dove a volte una vetta poteva diventare una
chimera per le sue difficoltà o per l’impegno che bisognava
profondere o per altri oggettivi motivi ma anche dovuti alla mia
inesperienza, mai avrei pensato di arrivare quassù,
anzi…lassù, quasi di corsa nel mezzo di condizioni meteo se non
del tutto avverse quanto mai al limite , probabilmente se fossi
arrivato qui da capo gita con un gruppo di escursionisti al seguito
avrei sicuramente tentennato di fronte all’idea di portarli fino in
cima con un tempo così incerto; in ogni caso quella sarebbe stata
un’altra storia. Adesso mi godo questa, di storia, almeno fino al
prossimo luglio, sì perché, nonostante tutto, quei 2’ e 01” mi
stanno… letteralmente… qui!
E
veniamo alla parte più sostanziosa dell’intera stagione quella che
mi ha dato sicuramente più soddisfazioni, almeno fino al suo, per
così dire, epilogo. E qui tornano in prima battuta gli…e20…
quelli che dall’anno scorso mi hanno fatto piacevolmente scoprire e
in maniera diversa riscoprire Gemona del Friuli e i suoi dintorni o
come piace a me:
DINTORNI
E … GEMONA DEL FRIULI
2°
TRAIL DEI 3 CASTELLI domenica
17 maggio
Il
Trail dei 3 Castelli, quello lungo, monco della sua parte bassa nel
2014, per via delle azzardate previsioni meteo tendenti al brutto
pomeridiano, mi aveva comunque regalato momenti lirici lungo la
cresta del Cuarnan o dalla cima del Chiampon con i loro cangianti
panorami, tali a seconda della direzione della nuvola di passaggio; e
poi la seguente discesa agli “ inferi “ con l’apoteosi della
Val Venzonassa. Ma anche in occasione del Vertical del Cuarnan che mi
aveva riportato su quella cima per concedermi un rilassato scorcio di
Friuli estivo negatomi al passaggio primaverile soffocato allora da
quelle spire di nebbia gravante. Il 2015 mi porta a scegliere il giro
corto dei 3 Castelli, quindi la parte bassa che mancava al mio
apprezzamento e per farlo appieno devo accontentarmi, per così dire,
dei soli 30 km che per me sono quasi tutti una novità. E’ tutto
così piacevole, a cominciare dalla giornata luminosa e la
temperatura gradevole; sono da subito contento di aver optato per il
percorso breve. Mi è familiare il traverso sotto la Pale Furmiarie
fino al bivio che lo scorso anno ci aveva costretto lungo Lis Presis
piuttosto che scendere al Zuc de Crôs; ed eccola lì la croce qual
sacra vedetta dall’irresistibile balcone sulle colline moreniche
sottostanti. Adesso si va giù a prendere la rincorsa per tutto quel
dislivello che ci serve per il sale di questa gara corta. Si arriva a
Montenars e ancora più in basso verso Artegna lungo l’esuberante
torrente Orvenco che mi costringe spesso a distogliere lo
sguardo dal sentiero per ammirarne il cristallino corso specialmente
quando la natura selvatica di questi luoghi lo obbliga ad effettuare
dei formidabili salti per superare la roccia. Al termine del “ Troi
des
Cascades
“ si finisce inevitabilmente sull’asfalto che ci porterà a
raccogliere la benedizione di Santa Maria Nascente al termine della
storica Scala Rotter, ci voleva per interrompere il compassato ritmo
da paese e prepararci alla successiva lunga risalita. E così avanti,
ma adesso comodi comodi verso il Faeit e il Campeon che si spacciano
per monti ma la cui quota li tradisce inevitabilmente. Il vero monte
è in attesa più in alto. Ben presto siamo preda di una sorta di
aucupio, localmente storico, ma non per la presenza dei tipici “
roccoli “ con l’infida pania a bloccarci ma perché anche noi,
miseri uccelletti domenicali verremo ghermiti dagli artigli di una
torrida risalita allo spallone sud del Cuarnan fattosi, nel nostro
immaginario, temibile aquila e terribile nemico per un improbabile
confronto. Alla fine sarà il Redentore a salvarci con il miracolo
della discesa! E che discesa! Ma poi al Ristorissimo della Malga
Cuarnan tutto si dimentica e tutto aiuta per la volata finale. Uno
sguardo alla cima del Chiampon è sufficiente per farmi ammettere,
nel caso avessi avuto ancora qualche dubbio, che la scelta
corta, quest’oggi è stata quella giusta. Mi permetto uno
sberleffo ai 700 e passa metri di dislivello che dalla Sella Foredor
mi avrebbero portato fin lassù, oggi no, oggi si svolta a sinistra e
in discesa e di corsa per andare a toccare l’arrivo. E’ questo un
arrivo diverso dallo scorso anno ma non credo meno glorioso perché
anch’io sono diverso dallo scorso anno e per oggi va bene così.
1°
TRAIL DELLE FARFALLE domenica
12 aprile
Ma
facciamo un salto all’indietro di un mese o poco più, quando 7
giorni dopo le sofferenze dell’ UTVV 100 corso però sulla distanza
dei 25 km con addosso i postumi di un’influenza intestinale, mi
ripresento al via di una corsa tutta nuova: il Trail delle Farfalle
che non poteva non corrersi che a Bordano, il celeberrimo paese,
guarda caso, delle farfalle. La giornata è a dir poco
splendida, la primavera è iniziata da poco e oggi se ne respira a
pieni polmoni la sua aria e si riempiono gli occhi dei suoi colori.
Nonostante la sua fama, Bordano paese per me è una novità, ricordo
soltanto un remoto tentativo di visita al Museo e nulla più. Anche
oggi il Museo aspetterà. La festa è presto iniziata, si va via
leggeri per riva destra del Tagliamento a raggiungere Braulins, è
qui che iniziano i dolori, inizia la risalita al Brancot e alla sua
cresta. Contrariamente alla domenica precedente, le gambe sembrano
girare e se così non fosse sarà il caso adesso di farle girare
perché la salita è di quelle toste. Non sarà di certo sufficiente
l’aura di spiritualità, offertaci dagli organizzatori
nell’originale attraversamento della chiesetta di San Michele dei
Pagani poco sopra Braulins, a farci risalire le toste pendici a volo
di farfalla. Speriamo che la chiesetta di rosso vestita,
sopravvissuta al terremoto non risenta del passaggio di questi
sventati trailers
per niente riguardosi verso l’Arcangelo Michele e tanto meno devoti
per un fugace segno della croce alla Trinità. La salita incombe ma
in modo piacevole perché nel bosco si apprezza tutta la sua frescura
e il raro scostarsi di qualche fronda ci da l’idea
dell’allontanarsi dal fondo della Val Tagliamento destinazione
cima. Lasciamo a sinistra gli ultimi metri per il Brancot perché
andiamo a raggiungere una cresta erbosa che si apre formidabile quale
spartiacque fra la Val del Lago e la Val Tagliamento. Vorrei fermarmi
adesso e ogni tanto più avanti: quassù, la varietà dei paesaggi
friulani mi ha colto di sorpresa. Riconosco i monti che mi stanno
intorno, dai vicini, Cuar, Chiampon a quelli più in là come il
Sernio e Creta Grauzaria, il San Simeone lo posso quasi toccare
mentre l’Amariana mi strizza l’occhio perché vuol essere
considerata anche lei. Mentre passo il Palantarins e mi avvio al Tre
Corni e prima di cominciare la discesa sul Naruvint, quello che mi
colpisce di più, oltre ai raggi di sole e a lievi folate di vento
caldo, è la poesia del lago dei 3 Comuni, il Lago di Cavazzo, che lì
sotto, a guisa di diamante incastonato in un verde diadema alpino fa
bella mostra di sé per questo sguardo trasognato che non può
soffermarsi tanto più di questo attimo a rimirarlo. Il respiro si fa
sospiro per non essere curiosa farfalla o selvaggio grifone ma sì
piccolo uomo di fronte a cotanta grandezza. “ E allora giù,
giù, quasi per caso…” Ma non è così banale,anzi, piuttosto
ripido il discendere e con il pensiero ancora a trastullarsi fra i
fili d’erba di quella splendida cresta, quel po’ d’attenzione
s’impone. C’è ancora un po’ di salita e di strada da fare per
ritornare a Bordano, ma non invidio di certo le coppie che stanno
risalendo le pendici del San Simeone per andare a virare dalla parti
della cima e lanciarsi nell’estenuante discesa e concludere la loro
gara. Da parte mia, fra un bivio e l’altro mi ritrovo a percorrere
il Sentiero Entomologico che ormai in perfetta discesa mi riporta
dove è iniziata questa fantasmagoria primaverile. La felicità è
tanta perché oggi è stata una giornata semplicemente bella.
MONTE
PLAURIS m 1958 domenica
12 luglio
La
strada viene su regolare da Carnia e asseconda la nostra impazienza
di metterci a camminare…o correre? Prima degli Stavoli Tugliezzo, +
o – a quota 458, c’è Mister
e20
ad attenderci. Il buon Ivan, attratto dall’itinerario che avevo
programmato per questa importante domenica, si aggrega al terzetto
salito sin qui dalla lontana Trieste e con la mira di salire ancor
più in alto. Quante volte dal transito autostradale da e per la
Carnia, il mio sguardo ha trasmesso al mio pensiero l’immagine del
Plauris scarnificato dalla natura selvaggia e al mio cuore il
desiderio di conquistarlo. E giunse l’ora per la salita e pure
presta, ma non per via delle giornate corte visto che siamo a luglio
ma per l’attesa di un convivio finale in bisiacheria
che avrebbe coinvolto quest’ oggi tante altre persone. Se da 10
anni, anche corro, in montagna, sono 30 gli anni che mi hanno visto
camminare assieme a tanti amici con i quali ho condiviso la comune
passione per la montagna. E proprio per ricordare questo 30°
anniversario, visto che siamo, per così dire, nati nel 1985, la
Sottosezione di Muggia del C.A.I. – S.A.G. ha organizzato,
tra le altre cose, la salita a 30 cime diverse, con 30 capi gita
diversi che guideranno 30 gruppi diversi, e lo ha fatto in questa
domenica d’estate. Ed eccoci, ad un’ora ancora fresca , ormai
incamminati che stiamo affrontando i 1500 m di dislivello che ci
porteranno sulla sommità di questa montagna, il Plauris,
una delle 30 cime prescelte per ricordare quanti anni sono passati da
quando abbiamo iniziato questa nostra bella storia . In questo quasi
Vertical
Mile
iniziale , tanto per rimanere in tema , si sale, per quanto
possibile, veloci, ma come si conviene in questi casi, cioè in una
gita del C.A.I., al passo del più lento, che in questo caso avrete
capito essere io. Raggiungiamo in breve il grazioso Ricovero Franz
adagiato in una radura a 1034 m di quota, soltanto una foto e via.
Adesso il sentiero s’inerpica e il bosco ha lasciato il posto al
vuoto intorno a noi per incominciare a godere del panorama che una
volta arrivati ai 1617 m del Passo Maleet si fa davvero imponente. Il
luogo non è proprio tanto severo e nonostante l’asprezza della
roccia che oramai ci ha proiettato in un ambiente tipicamente alpino,
è tutto molto piacevole. Finalmente mi trovo, dopo molto tempo, a
salire una vera montagna. Anche se la quota è modesta, avevo perso
l’abitudine ad arrivare su di una cima rocciosa, per quelle tracce
da cercare fra sassi mobili o seguendo gli immancabili ometti creati
apposta da precedenti e previdenti salitori . Ed eccoci qua tutti e
quattro a godere letteralmente della bellezza dell’intorno che a
360° offre uno spettacolo indimenticabile pur essendo soltanto al
centro e al di sopra di valli sicuramente poco significative per il
turista della domenica ma non per il datato escursionista. Meglio
così, ché l’apprezzamento migliore viene dal cuore piccolo che si
ferma di battere per quell’istante d’infinito piacere che gli
regala la natura in giornate come questa. Non so che aggettivo potrei
usare per rendere appieno l’emozione provata all’atto di toccare
la croce di vetta pure riscaldata dai raggi del sole, quassù più
vicini, e non solo, lasciavo scivolare lo sguardo veramente in basso,
sulla Val Venzonassa, sulla Val Resia, la Val Tagliamento, e con
esso, una volta risollevatolo, andavo a cercare tutte le cime
che mi ricordavano i trent’anni del mio percorso montano. Dopo la
rituale foto è tempo di proseguire, quindi scendere, con attenzione,
almeno i salti di roccia e dopo in direzione sud, cresta, traverso,
Malga Confin ci aspetta 600 m più in basso. Non si può sbagliare né
prima né tanto meno la scorciatoia, artatamente cesellata nell’erba
alta da sapiente mano contadina ma al malandrino scopo di
condurci alle ristoratrici birre dell’Agriturismo, probabilmente,
l’errore fatale che condizionerà, in parte, il prosieguo della
gita, ma ce ne renderemo conto soltanto in seguito. Si perde
tempo a gustare l’aromatica frescura e a farsi confondere
dall’amenità del luogo ed è così che si riparte decisi dietro i
segni bianco-rossi del C.A.I. ma, ahimè, quelli col numero
sbagliato. Realizzeremo l’errore quando vedremo la Forca Campidello
sotto di noi allontanarsi ad ogni piè sospinto. Ma come spesso
succede in questi casi, invece di ritornare sui propri passi e
ricomporre il cammino si decide di continuare e fidandosi della
solita obsoleta cartina topografica aggirare, per così dire,
l’ostacolo andandoci poi invariabilmente a cozzare contro un altro
più grosso. Le tracce di sentiero che dovrebbero portarci ai ruderi
della Casera Lavara, ben 200 metri più sotto della Forca Campiello
dalla parte opposta, non ci fanno altro che perdere inutilmente quota
perché di fatto si esauriscono nell’intrico della boscaglia e in
un mucchio di sassi e il mesto ritorno dal ripido non fa altro che
aggiungere delusione e stanchezza alla constatazione di essere stati
degli sciocchi ad aver insistito nel compiersi dell’errore.
Rientrati alla Confin oltre al tempo prezioso se n’era andata anche
la voglia delle grandi imprese per fortuna ci era rimasta la
consapevolezza che il giro da me idealizzato sarebbe stata troppa
cosa per il tempo a disposizione. Il gruppo si divide: i più forti (
più allenati ) ritorneranno agli Stavoli Tugliezzo, per
recuperare l’automobile, lungo il sentiero dei 1300, così chiamato
perché corre più o meno sempre a quella quota, così sembra, ma poi
si alza per salire alla Casera Cjariguart e ancora e di nuovo ai 1617
del Passo Maleet e da qui i nostri scenderanno a ritroso il sentiero
dell’andata; i meno forti ( meno allenati ), una volta a Malga
Ungarina direttamente a Venzone per il sentiero C.A.I. 705, una
bazzecola. Non abbiamo fatto i conti con l’incuria dei sentieri
C.A.I. in questo periodo e in questa zona probabilmente poco
frequentata, l’erba cresciuta selvaggiamente e anche qualche
piccola frana ci fanno sbagliare fin da subito e come per
l’esperienza precedente, vogliamo aggirare l’ostacolo anche
questa volta dalla parte sbagliata e come in precedenza, anche qui e
molto in basso, le tracce si rarefanno fino ad estinguersi e una
volta compresa l’inutilità del proseguire si ritorna sui propri
passi con la coda fra le gambe e quel che è peggio con la molto
seria prospettiva di dover scendere a Venzone lungo i più di 10 km
di strada, tutta carrareccia e tornanti almeno fino alla galleria nei
pressi del bivio per la romita chiesetta di S.Antonio e poi asfalto e
qualche curva. Una bella corsetta e si va giù che è un
piacere….beh!...non sarà proprio così, anzi, sarà una tormentosa
camminata e con poche possibilità oramai di godere della frondosa
bellezza del bosco e dello scorrere della Venzonassa negli scorci sul
fondovalle. Non c’è altro da aggiungere se non l’ignominioso
arrivo a Venzone a bordo di una, però provvidenziale, automobile
alla cui coppia di anziani proprietari abbiamo probabilmente fatto
una gran pena, al nostro incrociarli nei pressi di Borgo Costa, da
indurli ad offrirci quello che in cuor nostro era rimasto un
agognato passaggio. Non ci sono ad attenderci i nostri amici
più allenati, sarà nostra l’attesa e anche lunga perché lunga è
stata anche la loro fase di rientro. Alla fine ovviamente stanchi e
moderatamente contenti e celiando sul fatto che non sempre le
ciambelle riescono col buco – evidentemente questa di oggi sarebbe
stata una ciambella troppo ampia - ce ne andiamo a concludere
la serata coi festeggiamenti conviviali per il trentennale del C.A.I.
di Muggia.
1°
VERTICAL SAN SIMEONE venerdì 31 luglio
Il
titolo la dice tutta o quasi ma non è sufficiente dire dei 1000 m di
dislivello e dei 3300 m di sviluppo per spiegare non tanto la fatica
ma le suggestioni provate in questa corsa o meglio rincorsa al
tentativo di arrivare al traguardo prima del sopraggiungere delle
tenebre, visto che si partiva a ridosso del buio. Questa era una
giornata lavorativa e fuggire dalla città per un’avventura serale
e stata una vera e propria manna mentale e poi ad aspettarci c’era
questa serata di plenilunio quindi… Quindi ci si trova nuovamente a
Bordano questa volta con il sole oramai dietro al Brancot o al Cuar,
ma con gli ultimi raggi sghembi che ci indicano il punto d’arrivo,
lassù presso la chiesetta di San Simeone. Altroché, è ripida forte
sta salita! L’adrenalina sta salendo come pure pian pianino la luna
in cielo ancora per poco mimetizzata dietro ai colori del tramonto.
Si abbandona ben presto il paese schizzando letteralmente in avanti e
all’insù, siamo già sul ripido sentiero che raramente mollerà la
presa per consentirci un rifiato che è ben poca cosa rispetto
all’effettiva necessità. Non ci sono target
da
inseguire ma soltanto la meta e allora poco spazio al dialogo con
altri concorrenti se non quello stretto e relativo alla durezza
dell’impegno. Anche se non è ancora buio, nel bosco non fa di
certo chiaro e allora qualcuno già si fa aiutare dalla frontale per
vedere dove mettere o non mettere i piedi. Per il momento mi fido
delle mie sensazioni naturali, maturate in altre simili circostanze e
che mi portano ad interpretare questa corsa notturna come un connubio
con la natura che mi circonda fatta non soltanto di vegetazione
intorno a me ma anche di presenze silvane in essa celate, per loro
timore, alla mia limitata vista; vista, che nei piccoli spazi rubati
all’intrico, diventa sguardo da gettare sul Friuli sottostante che
si sta accendendo di estiva lirica notte. E il mio cuore si apre a
tutta questa poesia quando, oramai approssimandomi al traguardo, la
luna piena col suo chiarore, fuoriuscita da dietro il Chiampon a
sfiorare il dirimpettaio Cuarnan, stria d’argento il bianco letto
del fiume. Devo fermarmi per sospirare di gaudio , mai fatica fu
tanto bella come in questa salita, e il fascio di luce che sembra
uscire dalla mia mano non è soltanto per accompagnare il mio arrivo
ma diventa una sorta di mazzo di fiori luminescenti da offrire
all’Altissimo qual infinito grazie per una tal emozione. Cos’è
il correre incontro ad una meta, cos’è una gara contro il tempo o
peggio contro qualcuno, cos’è una ricerca del proprio io
attraverso un esasperato impegno fisico, cosa sono queste esaltazioni
del proprio ego a confronto del potere della natura che adesso si
esprime con tale dolcezza, nonostante l’assenza di forme e colori,
da costringermi anche questa volta piccolo piccolo per poter godere
appieno la grandezza del creato. Bisogna rientrare, ritornare nel
basso, dove tutto si ricompone e ritorna solito; la discesa è una
formalità ma trotterellando in fila indiana, luce dietro luce, è
divertente. Ben presto siamo di nuovo tutti sulla linea di partenza
ma stavolta con decine e decine di mete diverse da raggiungere, lo
faremo malvolentieri e voltandoci mentalmente per dedicare l’ultimo
pensiero a questa piacevole scorribanda serale, ahimé, domani il
Vertical sarà quello di ogni giorno.
2°
VERTICAL MONTE CUARNAN sabato 22 agosto
La
prima volta non si scorda mai...?...ma anche le successive se
meritano di essere ricordate. Lo scorso anno a causa delle avverse
previsioni meteo la corsa era stata preventivamente spostata alla
domenica mattina, ricordate? E poi una volta conclusa la salita di
corsa alla base perché la pioggia sarebbe arrivata nel primo
pomeriggio; e così fu. La gara partiva da una zona periferica di
Gemona. La mia performance aveva preso una piega diversa dal momento
che, a testa bassa, avevo seguito i polpacci di chi mi precedeva
tirandomi dietro anche altre persone in modo che tutti assieme
avremmo così sbagliato strada. Insistendo poi nell’errore si
arrivò al traguardo, sigh!,
dalla parte opposta. Beh, quest’anno le cose si sono svolte in
maniera del tutto diversa. La partenza avviene nel pomeriggio del
giorno previsto, dal centro di Gemona uscendone per ripida salita
asfaltata e, quel che è più importante, con condizioni meteo
consone alla stagione. Una volta inseritisi nel percorso originario e
fin quasi facile salire senza fallo confermando la regola che…
sbagliando s’impara. Oramai il percorso lo conosco e quell’ultimo
tratto percorso 3 mesi or sono, ma in senso inverso, mi da’ la
conferma di quanto allora mi fosse sembrato ripido e non sono
certo se sia meglio farlo all’insù o viceversa. L’arrivo al
Pischiutta è una liberazione o meglio…la liberazione; il percorso
non molla un attimo e bisogna spingere di continuo che per me assume
il significato di…correre, anche se non è proprio così. Lascio
sfilare il concludersi della gara, il ristoro, il rientro e mi defilo
verso la cima del Cuarnan. Il sole si prepara al tuffo crepuscolare
ma sembra anche aspettarmi, per donare a questo occasionale
viandante, quale mi sento in questo frangente, i caldi colori di un
indimenticabile momento. Sotto di me la vita nelle case, nei paesi,
scorre ancora per un po’ frenetica, sembra incanalarsi nel bianco
fluire del Tagliamento e allontanarsi per il meritato riposo
notturno. Domani sarà un altro giorno da vivere e raccontare. C’è
pace intorno a me ma se così non fosse andrei a cercarmela un po’
più in là perché quassù corre l’obbligo di chiudere gli occhi
per un istante e gustare tutto il silenzio che ti avvolge. Vorrei
rimanere ma qualcuno mi sta aspettando. Allora, dopo aver rubato al
panorama più ampio tutti i suoi particolari più belli, volgo le
spalle al culmine e, mano nella mano, lungo un silente sentiero,
scendiamo alla Malga Cuarnan non prima di aver dato a questi luoghi
l’arrivederci al prossimo...autunno.
1°
TULIN SKY
RUN domenica 25 ottobre
Autunno
è già inoltrato ma l’estate sembra non volersene proprio andare e
questa domenica è veramente una… bella domenica, guai a starsene a
casa o peggio in città. Quale occasione migliore per chiudere questa
stagione di corse da queste parti che mi manca il versante est del
Cuarnan ( ho aspettato sì più di 50 anni prima di “ conquistarne
“ la cima e adesso in 1 anno e ½ mi sembra di averlo sempre
conosciuto ). A maggio, nell’intermezzo del ristoro all’Agriturismo
Tulin, qui a Montenars, non ho avuto altro tempo per soffermarmi e
concedermi un ulteriore godimento paesaggistico, spero oggi di averne
l’opportunità. Arrivato in tutta fretta però è già tempo di
partire, ma non di certo con la stessa fretta. Ed eccomi a ritroso
sul percorso della 3 Castelli, ricordo allora la prima divertente
discesa iniziata lassù, al bivio per Lis Presis e più sotto
nei pressi della croce del Zuc de Crôs e adesso, eh,eh, devo
…ritornare là, la prima salita e allora…come si dice…caaaalma
e gesso…Per fortuna che ho soltanto voglia di godermi la giornata e
tutto quello che intorno a me e più in là la riempie così il
soffermarmi e voltarmi per guardare diventa la classica scusa per
riprendere fiato. La temperatura è perfetta, né caldo né freddo,
c’è un mitighevole sole e allo stesso tempo, in quota,
reminiscenze ventose. Nonostante tutto il mio rimuginare si arriva
presto alla carrareccia che a ruota libera mi conduce alla Malga
Cuarnan per il solito impegnativo ristoro ( non si può rinunciare a
una crostata così buona, oramai è un must!
) E adesso viene il bello, vado a conoscere una cosa nuova, la…cosa
nuova, quella che mi ha incuriosito a tal punto da portarmi qui in
questa domenica mattina di fine ottobre: la discesa lungo la
Vedronza. Dalla Sella Foredôr sembra di andar via tranquillamente
per prati ma non è così perché quasi subito ti abbassi per ripido
fino ad incontrare il Torrente che scende dalle pendici di quella
bastionata di monti dai nomi più disparati che partendo dal Chiampon
va a dissolversi dalle parti di Tanataviele in Val Torre. L’ambiente
è selvaggiamente bello e il sentiero è un vero sentiero di
montagna, arzigogolato tanto quanti sono i canaloni da attraversare,
c’è anche un po’ di attrezzatura in un punto,ma al tempo stesso
è piacevolmente scorrevole e poi si scende. Si scende nel silente
panorama aperto sullo sfociare della Val Torre che invita a guardare
i piccoli paesi sottostanti e quelli più in là ormai cresciuti. E’
un bel…vedere ma anche un bel sentire, i suoni della montagna e i
sussurri dell’autunno che ti invogliano a proseguire. Tuttavia se i
miei sentimenti sono così attenti all’intorno è il mio corpo ad
essere per niente reattivo. Avverto il disagio di una situazione
negativa per quel che riguarda il mio incedere. La discesa termina
con l’attraversamento del Vedronza calcando i conci del suggestivo
Ponte Romano, che meriterebbe ben altre riflessioni; le riservo per
tempi migliori perché qui la fantasia mi autorizzerebbe ad entrare
in un mondo di fiaba. Un sospiro, due sospiri e avanti ovvero su, con
il campanile di Flaipano quale riferimento per capire dove mi trovo e
cosa mi aspetta ancora. Vorrei rivolgere una preghiera a
S.M.Maddalena, che qui è ricordata, perché il mio vedere lontano si
frantuma su quella verde giogaia che io trasformo in bastionata
invalicabile, punteggiata da minuscoli esseri che reputo in
movimento ancorché impercettibile. Vorrei chiederle l’accorato
aiuto spirituale affinché mi sospinga verso l’ultimo alto della
giornata che adesso qui è meno bella di come l’avevo vista al
mattino. Anche il panorama non mi da le stesse sensazioni
perché quelle si soffermano su altre percezioni che non sono proprio
visive. Tuttavia credo di essere in buona compagnia perché davanti e
dietro di me l’arrancare non mi è soltanto proprio. Il fotografo
lassù si contorce per far stare nell’obiettivo tutta la mia
sofferenza; ma ne vale la pena? Un sospiro, due sospiri e avanti
ovvero…giù, stavolta. E più o meno come avevo iniziato questa
disamina vado a concludere: ed eccomi a ritroso sul percorso della 3
Castelli, ricordo allora l’ultima, più dura salita iniziata
laggiù, fin laggiù ad Artegna e poi il Faeit, il Campeon, il
passaggio per il Roccolo e la cima del Cuarnan che adesso saluto con
un ghigno perché è iniziato il magico volo - senza parapendio -
verso Montenars. Ma non è per niente magico perché oggi la mia
corsa era probabilmente già finita tempo addietro e dispersa da
qualche parte sulle pendici di questo monte che nonostante tutto ho
imparato ad amare. La percezione dell’arrivo imminente fa innalzare
il limite delle mie difese e… il mio corpo e la mia mente
reagiscono in maniera violenta trasformando in assalto la corsa lungo
i trabocchetti dell’Orvenco, sì perché oramai ci sono, il
prossimo sono io. “ Ciano
no sta fa ‘l mona! Se ‘deso te ciapa i crampi te son cagà.
Te rivi suso picando o pezo ‘ncora remenandote per tera, sa che
figurin! “
( trad. “ Luciano non fare lo sciocco! Se adesso ti prendono i
crampi sei nella cacca. Arrivi su pencolando o peggio ancora
dimenandoti ( come le bestie ) per terra, sai che figura! “ ) .
Anche le residue energie mentali spingono affinché il mio sia un
arrivo degno di tal nome e così è perché le mie gambe e la mia
testa non rinunciano allo sprint ( ? ) finale. La staccionata del
Tulin mi sorregge, tiene su anche tutto il mio sconforto e le lacrime
che inaspettatamente si mescolano a questo amaro sudore offuscano la
mia gioia. La corsa è finita ma dentro di me la gara continua ancora
perché non bastano le parole familiari e una mano amica sulla mia
spalla per cancellare quanto di negativo ho assorbito lungo questo
splendido percorso. Domani? Domani invece, ma anche più avanti, il
mio cuore mi lascerà centellinare serenamente le immagini più
belle di questa nuova amicizia e, una volta passato il marum
( trad. amarezza ), allora sì che saranno sorrisi.
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