“ CIASPALONGA DELLE
MARMAROLE - 3^ edizione “
SABATO 15 FEBBRAIO 2014
100 stelle o giù di lì,
luminescenti e imbizzarrite s’intersecano fra di loro disegnando laggiù nel
buio scenario della riva destra dell’Ansiei gelato, dalle parti di Reane, una sorta
di quadro post-moderno. Diciamo subito che questo non è l’inizio di una poesia
ma soltanto il pensiero di chi ha dormito tre ore soltanto e alzandosi alle
4.30 per una frugale colazione si trova adesso, che sono fra poco le sei, alla
partenza della 3^ edizione della Ciaspalonga: “ the longest snowshoe race
in the world “ così l’hanno enfatizzata
gli organizzatori; sarà poi vero? Ritoccata anche quest’anno a causa della
tanta, troppa neve caduta nei giorni scorsi e ad evitare così qualsiasi
pericolo per i concorrenti, il percorso, che è stato battuto in parte col gatto
e in parte con le ciaspe stesse,
misura 42 km, e si ferma 800 metri più in basso del dislivello dello scorso
anno. Si parte da Auronzo di Cadore e si arriva a Pieve pure di Cadore. Punti salienti
da percorrere e/o toccare saranno: la Val da Rin, la Val di Porse, il Pian dei
Buoi sotto il Rifugio Ciareido, si scende a Forcella Bassa sotto il Rifugio Bajon,
e poi giù a raggiungere la Val Vedessana tributaria della Val d’Oten. Si
risalgono poi i 7 km che portano fino alla Capanna degli Alpini, quindi dietro
front per ritornare alla Chiesetta del Caravaggio alle spalle di Calalzo. Adesso
su, a Pozzale, ancora un ulteriore allungo e poi finalmente si scende verso
l’arrivo di Pieve. Insomma un’altra giornata indimenticabile e non poteva
essere diversamente quando passi 8 ore 49 minuti 11 secondi con le ciaspe ai piedi cercando di “godere “ di
una giornata completamente outdoor
come questa. Strano davvero questo inverno che oggi ci regala una giornata di
sole e una temperatura gradevole, anche se alla partenza il termometro segnava
-5° C e appena affacciatomi ai 1800 m del Pian dei Buoi una brezzolina niente male sembrava volesse
trasformare il mio sudore in una lamina di ghiaccio, per fortuna che il sole,
seppur ancora tiepido, contrastava questo fenomeno regalandomi un minimo di
tepore. Ma il pensiero aveva cominciato a viaggiare per conto suo già dalla
partenza concentrandosi sin da subito sulle lucette color verde fluorescente del
percorso piuttosto che sull’imponenza delle Marmarole, i cui appicchi dapprima
filtravano attraverso gli abeti ricolmi di tutta la neve caduta e poi, una
volta in alto, sembravano sbeffeggiare la mia prima fatica, quella dei 1000
metri iniziali, quelli che ti servono per…farti la gamba.
La frontale è stata riposta nello
zaino dopo circa un’ora, non serviva ed era piacevole salire con la prima luce
del giorno che accendeva un po’ alla volta il candore della neve, tanta, davvero
tanta. Tutto il percorso già battuto dagli organizzatori aveva appena ricevuto
l’ulteriore massaggio dalle ciaspe
che mi avevano preceduto. E proprio questa parte, dopo il 1° ristoro, dove lo
scorso anno si poteva ben correre, mi si rivela insolitamente impegnativa. Il
solco che si è formato è appena sufficiente ad una progressione quantomeno
composta e così deve essere ad evitare cadute o peggio storte di caviglie vista
l’irregolarità del fondo; penso sempre al prossimo agone e allora incedo con
cautela. E poi giù dentro a quel canalone chiamato “ burcio “; è davvero ripido
e non è stato possibile tracciare soltanto delle regolari diagonali discendenti.
In fondo, il torrente, che stavolta non è gelato ci obbliga anche a dei piccoli
guadi e ad un percorso quantomeno singolare ma divertente fatto di saliscendi o
dentro è fuori sui e fra i massi, sembrerebbe che qui la neve sia stata portata
apposta per creare il passaggio più appropriato. E si arriva sulla strada
forestale da correre tutta fino alla chiesetta del Caravaggio. Ristoro, il
secondo e primo posto di controllo. Mentre sorseggio dell’ottimo tè e
sgranocchio un po’ di frutta secca, mi sfila a fianco il concorrente al momento in terza posizione,
la Val d’Oten da percorrere in salita mi permetterà di incrociare gli atleti di
vertice che stanno percorrendo l’ultimo quarto di gara. Per me invece appena
l’aprirsi del fondovalle e il suo richiudersi con l’imponente mole dell’Antelao
costantemente incappucciato da una nuvola un po’ più bassa delle altre. Salgo
verso quota 1395 ma sono un po’ in confusione e inverto il colore delle balìse assegnando alle verdi la
discesa e alle rosse la salita. Nemmeno
l’avviso reiterato di un concorrente che incrocio mentre sta scendendo mi fa
ragionare e devo levare dallo zaino il road book per capire finalmente quanto
sono stato scemo. Torno mestamente sui miei passi per accollarmi l’ulteriore
penitenza. Salgo e al giro di boa è il mio turno per affrontare la discesa che
mi porterà alla chiesetta del Caravaggio e al 4° ristoro, dove stavolta mi
aspetta una fresca Coca Cola versata nella tazza d’ordinanza prima di
ricominciare a salire per avvicinarmi al traguardo. Questa parte mi è di nuovo nota,
ricordo bene lo scorso anno di averla affrontata al mattino e nella parte
centrale di gara, oggi è già pomeriggio e sto andando a concludere. Non sono
certo i 9 km finali di discesa dal Tranego dove le gambe giravano da sole, oggi
bisogna spingere ancora per innestarmi nella parte finale uguale a quella dell’edizione
precedente. Qualche piccola variante ma nonostante la maggior presenza di neve
il percorso mi è noto, anche il punto dove lo scorso anno, a 1 km dall’arrivo
mi sono storto la caviglia. Faccio mooolta attenzione e mi prendo pure gli
incoraggiamenti, anche stavolta, dei bambini e ragazzi che si apprestano a
partire per la loro gara, vuol dire che saranno presto le 15.00. Ormai Pieve è lì
sotto a un tiro di voce, infatti sento rimbombare quella dello speaker, il simpatico Alex Geronazzo che,
sempre più di rado oramai, annuncia degli arrivi, fra poco toccherà anche al
sottoscritto. Il concorrente che mi ha risucchiato nella sua rincorsa scendendo
la Val d’Oten è sempre davanti a me ma rinuncio ad ulteriori sforzi per cercare
di prenderlo, sarebbe del tutto inutile, anzi lo sospingo mentalmente verso il
suo traguardo. Ed ecco che sento il mio nome riecheggiare attraverso
l’altoparlante, l’ultima svolta a sinistra e sono in piazza Tiziano, l’arco (
di Trionfo?! ) gonfiabile dell’arrivo fa d’aureola gigante al mio sorriso, lo
concedo ad una fotografa a sinistra, per l’ufficialità, e poi a mia moglie a
destra, che sarà di certo stufa di aspettarmi ma che, per la gloria, sta
filmando la mia…fine e un’improvvisata intervista. Sono felice. Felice e basta,
tutto il resto non conta. Non conta più che stanotte ho dormito veramente poco
e riposato niente e stamattina alle 5 non ho fatto le mie solite cosucce
quotidiane e con quella pesantezza iniziale ho poi accumulato altre piccole
rogne. Non conta più che i nuovi, perché appena acquistati, capi tecnici che
dovevano tenere al caldo il mio sudore l’hanno invece trasformato in liquido
refrigerante e il mio corpo dopo quasi 9 ore doveva ancora scaldarsi ( forse
dovrei accettare il brodino caldo caldo che mi viene offerto ma il mio stomaco
non è ancora preparato a simili pietanze ). Dovevano scaldarsi anche i miei
piedi, una volta bagnati ma avvolti in un paio di calze da dry tooling di mio figlio e che invece si sono congelati. Le ciaspe tipo Andey Race modello Home Made
mai provate fin’ora sembravano 2 tavole da surf
piuttosto che l’ambita ciaspa tecnica da corsa e che nel tratto
verso Forcella Bassa sotto il Bajon e poi giù pel “ burcio “, dove la traccia era uno stretto
canale, avevo timore si sovrapponessero, con conseguenze “ letali “ , tanto lo
spazio era esiguo. Quest’oggi il freno a mano era costantemente tirato dove
solitamente scapicollavo. Perché? Boh! Ma pure questo non conta più. Non conta
più che sotto le scarpe da trail
montate sulla lamina si formava il solito zoccolo di neve trascinata lì sotto
dal sollevarsi ritmico delle code delle ciaspe
e non conta più la fatica che facevo per cercare di rimuoverlo con gesti da
contorsionista. Non conta più che poi ha incominciato a dolermi anche la
schiena. Tutto questo e anche il resto …adesso non conta veramente più, adesso
sono felice, adesso sono felice e basta e per quel che mi riguarda, almeno in
cuor mio, è già Ciaspalonga 2015.
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